rose: nel brano di camus c’è proprio un antidoto alle tentazioni di edonismo / superficialità / alienazione nel rapporto col bello, no?

francesco: come dicevi ieri, individuare i luoghi che producono significato. nulla di così nuovissimo ma, l’ossimorico disincantanto coinvolgimento con cui lo dicevi ieri mi ha contagiato. tutto bene, a patto che non divenga stilema, accademia dell’insolito.

è proprio l’indifferenza nei confronti dell’innovazione superficiale ed edonista che ci salvera’
(incitazione:) siamo superiori rispetto alle tendenze modaiole ed alle proposte apparentemente accattivanti che ci piovono da tutte le parti!
(questa cosa in provincia è un osso duro, sempre vittime dell’insicurezza e della marginalità finiamo per darci la zappa sui piedi e coltivare frivole tendenze individuali anziché formarci una cultura solida che fornisca i dovuti anticorpi)
in effetti i rischi di banalizzazione ed estetizzazione () sono sempre in agguato e più che mai attuali / si dovrebbe partire dall’immissione del sé nel molteplice, e dalla dismissione degli individualismi borghesi – ricordare che ogni gesto è politico: anche se non direttamente va a condizionare la vita delle persone in un dato luogo
quello che sta cercando di fare la comunità provvisoria, ad esempio
il progetto si esprime nelle due parole comunitario e provvisorio: ciò che è di molti e non ha stilemi, appunto, che non fa in tempo a solidificarsi in una forma unica e viziata, che non è soggetto all’abitudine stanca, gesto collettivo che si mette in discussione e si evolve nel sovrapporsi di voci diverse

tessitura

oggi ho ricevuto una piccola mail da un amico che non sentivo da molto, radicalmente trasformato dalla vita di famiglia e dalla provincia padano-veneta /
è sufficiente svolgere il proprio lavoro con perizia e passione o il senso di responsabilità familiare e la routine provinciale finiscono inevitabilmente per renderci accondiscendenti e distratti?
questo mi chiedo stamattina, seduta da sola di fronte al computer con una tazza di caffè a lato ed alle spalle una casa da rimettere in ordine dopo l’inverno – quali sono gli anticorpi necessari per la preservazione collettiva (ed individuale) delle risorse, per la salvaguardia dell’attivismo culturale?

dotted

eppure
andando a rileggere debord mi accorgo di come già cinquant’anni fa avessimo le conoscenze necessarie per volerci opporre a questo sfacelo ma non le abbiamo prese in considerazione / i visionari sono stati confinati dentro a nicchie culturali che hanno impedito loro la contaminazione del mondo
oggi fulvio abbate afferma che questo è il sessantotto della destra / la sinistra nel frattempo continua a vivere nelle grotte affranta da un pesante senso di inferiorità e da insicurezze ataviche
aver paura di esporsi e lottare è una gran brutta cosa /
cercasi antidoto….

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