monthly archives: settembre 2010

è quasi autunno

la stagione parte male con la scuola in subbuglio e un’amargura sociale che non si risolve / persino i più ingenui intendono che tanti divisi è come essere pochi o nessuni, tante solitudini che vibrano senza produrre risultati / e pare banale ma anche triste affermare che ci siamo arrivati attraverso anni di benessere altrettanto individuale, anni di televisione soprattutto, un fiume ininterrotto di immagini succulente tenute a debita distanza e noi perduti davanti allo schermo, a dimenticare …

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c’è un autunnare anche del corpo – e dei frutti, che intristiscono nell’azzurro vano di una ciotola

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parole: clarice lispector – musica: philip glass

[ appunti di viaggio ]

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una parentesi soleggiata in mezzo alle piogge
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le persone che vivono parlando
dentro quel fiume di parole percepisco tutto il loro stare al mondo, concentrato, come se le parole fossero stampelle e sedie e lenti di ingrandimento / (parlo, dunque sono ….)
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un sole che è gioia per gli occhi
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osservo chi non si vergogna oppure non ha paura di certe piccole emozioni capaci di farci splendere di gioia come creature ancora non contaminate dall’età adulta
ombra lieve in un boschetto di betulle e l’infinità di steli d’erba che picchiettano lo sguardo
* (forse solo van gogh aveva capito e perseguito una simile innumerevolezza di fili d’erba)
la città delle stelle e stelle che si insinuano nel sorriso attaccandosi ai denti – stelle marine fosforescenti nel mare misterioso della sua bocca
porto ancora una maglia di lana che lascio scivolare senza fretta
l’azzurro mi scalda – l’azzurro mi consola – una specie di mare gassoso e alto dove vado a rifrangermi, gioco a rifrangere lo sguardo e vedere parti del mondo che la grande curva nasconde
il cielo è specchio il cielo è tempo sospeso e intravvedo le stelle sante sui suoi denti trattenuti e gentili
tutto è sogno – piacevole crudele affabulazione, pigmentazione transitoria, una di quelle decalcomanie infantili che trovi distese in un velo di plastica dentro ai dolci
si stendono con l’acqua si disintegrano con l’acqua
senz’acqua rimarrebbero – come noi stesi senza cominciare, stesi e privi di un cominciamento, di una parola

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