monthly archives: marzo 2013

autoritratto riesumato / ancora valido

2005 . matita su moleskine

radio: domenica in concerto / bela bartòk – quartetto

non riesco a capire l’origine della mia forma / come e per quali cause sia arrivata sin qui, ad essere come sono, a sapere – o non sapere – quel che so e non so /
non intuisco la differenza specifica ed effettuale tra l’essere cresciuta in una certa famiglia, od un’altra differente, più aperta, più colta, più povera oppure più simpatica / né sono in grado di stabilire le mie responsabilità rispetto a tale processo di formazione

percepisco vagamente la mia forma, consapevole di mitizzarne molti aspetti – ma non so dire da dove e come mai / non so perché, ancora molto giovane, quando altri si rifugiavano nelle musiche generazionali, nelle canne e nei testi rivoluzionari, mi immergevo senza criterio tra montagne di libri altri, convinta che quello fosse il mio unico riscatto possibile / qualcosa dentro cui nessuno avrebbe potuto entrare se non fossi stata consenziente, la conoscenza, estraneo alla famiglia e soprattutto che superava la famiglia / (altro…)


26.02.2013
si celebrava un funerale ieri mattina, in paese
la morte di un signore educato e dal sorriso luminoso – incontrarlo casualmente aveva reso speciali certe passeggiate tolmezzine ed ogni volta che mi salutava cordiale e chiedeva notizie da casa pensavo: se ci sono uomini come lui allora il mondo è anche gentile
negli ultimi anni non era stato bene, l’avevo incontrato una volta con la moglie che spingeva la sua carrozzina – non era quasi più in grado di parlare e ricordo con grande pena quel momento (pietre che si appoggiano sui ricordi più antichi in una frana e ne frantumano istantaneamente la gioia)
era il padre di un mio caro amico di gioventù, ora lontano non solo fisicamente, di poco più grande di me e da cui nel tempo ho imparato moltissime cose; m. rappresentò per anni la mia finestra privilegiata sulla controcultura di sinistra e sul passato recente di allora (il 68, il 77), su mondi ed antropologie che io più piccola non conoscevo o che avevo intravisto solamente guardando da lontano con gli occhi impreparati di una bambina – lui sapeva con poco fare molto e conservava il nocciolo dell’esser stato parte di una cultura remota e creativa, quando i giovani rivoluzionari (pur senza rivoluzione) scendevano per le strade luminosi come stelle e resistevano indomiti all’oscurità del terrorismo incalzante (la retorica del ricordo è sempre in agguato ma non era forse bellissimo quel mondo spazoso e ancora così padrone della sue naturali imperfezioni?)
poi tutto fu diverso
lui porta ancora le tracce di quell’età felice, ne trattiene l’aura come una seconda pelle, sotterranea e tuttora brillante – nonostante il mondo intorno, nonostante il silenzio di queste giornate e i morti che progressivamente ci separano da un passato migliore, da un tempo in cui gli oggetti erano amici ed invecchiavano con noi smussando gli spigoli nell’uso per adattarsi alla progressiva incertezza della vecchiaia, lui ha saputo rimanere parte di qualcosa, senza mai perderne il dono

forse è proprio questo che è mancato nel tempo più recente – e che continua a mancare – il senso dell’esser parte, quasi senza decidere, per una forza intensa che emana da qualcosa e che ci chiama
è decaduta la luce intensa di certi valori, si è dispersa in un mondo di cose materiali che non ci accompagnano più verso la vecchiaia ed ha ceduto, la bellezza semplice che non si può offuscare neanche nella miseria

non abbiamo memoria, non abbiamo fame e non abbiamo nemmeno voglia
la parola popolo ha oramai un suono che non ci fa pensare a niente

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se ci fosse una canzone sarebbe probabilmente de andrè
o nina simone


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