monthly archives: febbraio 2015

a novembre avevo segnalato l’uscita dell’ultimo numero della rivista GIUDA e finalmente, dopo alcuni mesi, ho potuto sfogliare le (bellissime) copie che l’editore mi ha spedito in cambio della mia felice partecipazione.
il volume, prezioso nel suo insieme, mi ha soddisfatta particolarmente per quanto riguarda le sei stampe delle collezioni instabili, questa volta senza margine bianco e pertanto più incisive. anche la carta vergata migliora il risultato finale. dal sito delle edizioni ecco alcune note sintetiche sul tema intorno al quale ruotano le storie di questo numero:

Bologna negli anni ’80, in quello scorcio in cui tutto cambiò. dalla chiusura delle osterie tradizionali all’intenso fuoco di una generazione che sperimentò tutto. Francesca Alinovi è la bussola di questa mappatura. Attraverso i ritratti di coloro che allora c’erano, e in qualche modo furono con lei a contatto, si ricostruisce una geografia arbitraria, come tutte le geografie, di un paesaggio umano.
Arricchiscono il volume le storie a puntate di Ciro Fanelli e di Elettra Stamboulis e Angelo Mennillo giunte al quinto episodio. Apre il numero il visionario afroamericano Mac McGill, disegnatore psichedelico  legato a molti collettivi anarchici della grande mela. E come sempre anche le false pubblicità sono disegnate dagli autori e fanno il verso a un mondo che continuamente vuole ghermirti e persuaderti a fare qualcosa. 

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naturalmente vanno segnalati i preziosi e mirabolanti contributi di

Armin Barducci
Gianluca Costantini
Darkam,
Ciro Fanelli,
Rocco Lombardi,
Mac McGill,
Angelo Mennillo,
Nicolo Pellizzon,
Liliana Salone,
Alice Socal
e alle parole: Elettra Stamboulis

per procurarsi al più presto una copia di GIUDA V – link

inseguire faticosamente virgole e orologi che rotolano lungo le spalliere dei divani
prose lunghe di altre stagioni, ora frasi mozze come matite consumate

[ solitudine – a metà strada tra peso e sollievo ]

I
spògliati spògliati
il corpo non respira

II
(era gennaio)
le braccia (appese, come a una gruccia)
le maglie (sboccano lembi di carne)
le tempie instabili
le nocche tagliuzzate (si aprono simili a fiori)
la neve non caduta
le cartoline (occhieggiano dal disordine)
gli abiti persistenti della madre

mondo di voci senza corpi
di futuro già trapassato nelle mille visioni

[
le suppellettili rimangono – sospese a mezz’aria
poggiate su astanti immaginari
mormorano e bisbigliano – lieve sparpagliarsi
di sillabe mescolate a suoni senza lettere
[

 

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III
guardava con distanza invidiosa
chi sapeva – i giocolieri dell’ironia e del bel canto

 

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volato via come scheggia impazzita
ha lasciato poche fotografie e un corpo invernale, sciupato, fragile
parole prigioniere incastonate nel ghiaccio

 

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osserva le ombre invecchiare
le ombre si fanno spettri e il loro parlare sempre più confuso

la musica non è consolazione ma compromesso permanente
tra lei e altri

 

 

tra i due mondi – la tregua – in cui non siamo

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