monthly archives: aprile 2015

un giorno, anni fa, nel giardino sotto le mie finestre veneziane, si formò un arcobaleno tra gli alberi – fu una sensazione strana, sentirsi quasi come miracolata

due disegni su un piccolo libro collettivo di Chronicle books

two dresses of mine on a Chronicle books tiny volume
about rain and rainbows

 

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anodino
soffione

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attraversando la città per raggiungere la piazza osservo che i negozi sono quasi tutti aperti, persino le pescherie, i grossisti di detersivi, le profumerie …
che fine hanno fatto le feste nazionali? quando le città risplendevano metafisicamente ripudiando il commercio blasfemo nelle ricorrenze e si potevano cogliere i suoni vivi ed osservare il mondo della festa / quando anche gli operai e i commessi indossavano un vestito buono e uscivano per prendere un caffè al bar o per la messa / dove sono le piazze gremite del 25 aprile?
quest’anno più del solito la celebrazione della liberazione dal nazi-fascismo ha toccato in me corde profonde / per una serie di contingenze personali, ma anche perché, a guardarmi intorno, nell’immediato circondario che soffoca il mio personale irrequieto perimetro, osservo facce indifferenti, resilienti, che hanno smarrito il concetto di autentica resistenza /
la mia figlioccia si arrende serena – rinuncia aprioristicamente allo sciopero e alla protesta / così come tanti altri studenti della sua età e lavoratori della mia, abituati a un’esistenza sociale dove poco si decide e si attua autonomamente e dove la comunicazione è connivente e quasi mai stravolgente / gli ordini sono precostituiti a svariati livelli e ci trovano per lo più sottomessi o – peggio – convinti di non esserlo, indifferenti allo sforzo sociale, pusillanimi e soprattutto mentalmente impigriti / ma siamo bravi a tenere in ordine il fisico e l’arredamento, abili spesso anche a parlare, con parole che lasciano tutto così com’è / (in questo scenario ci sono senz’altro le debite eccezioni ma diciamolo, rappresentano una sparuta minoranza)

arrediamo, conversiamo, impariamo diligentemente a memoria … però quanto bravi siamo a partecipare? / ieri, dopo il tradizionale discorso del sindaco durante le commemorazioni, parlavo con un’amica sindacalista che ha giustamente sottolineato come honsell avesse tralasciato un aspetto cruciale, quello appunto della partecipazione /
li vedo i ragazzi chini sul loro cellulare, anche quando sono in gruppo, osservo i pargoli di una cara amica che nonostante le conversazioni domestiche (e l’impeccabile positiva educazione ricevuta) sogguardano continuamente lo schermo distratti dal richiamo magnetico dell’inesistente / non c’è charme o fascino personale che tenga in queste condizioni, e non c’è impegno sociale che li sfiori realmente / la loro socialità si consuma di fatto attraverso un atto mediatico o piacevolmente mondano, e sono ingenuamente quanto ottusamente convinti che quello sia il modo giusto per cambiare il mondo / la loro giovane coscienza gli dice che basta, che sono in pace, che hanno partecipato a sufficienza (e ci sarebbe tanto da dire sul concetto di sufficiente) /

il fatto di viaggiare con i mezzi pubblici, ormai destinati quasi esclusivamente a minorenni, anziani e nuovi proletari (per lo più immigrati), permette di cogliere aspetti peculiari di tali categorie / in particolare i nuovi poveri, quelli non così poveri da potersi permettere di viaggiare su un mezzo pubblico, rimangono trasparenti per le nuove generazioni / sono gli invisibili, spariscono dietro al margine del cellulare o del tablet che i ragazzetti depongono a malapena durante la doccia / (altro…)

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[…]

Come Dio vuole, una pausa nella sfilata, e ci muoviamo. Arriviamo in un bel campo di grano dietro una cascina, davanti alla quale passa la strada, di nuovo ingombra d’interminabili carriaggi. Sarebbe l’ultimo ostacolo, ma sembra invalicabile. Non c’è piú una sosta nella sfilata incessante, e anche tra battaglione e battaglione sentinelle perlustrano la strada.
Intanto cade la notte. Per il momento sulla strada non c’è nessuno, ma in distanza si sentono macchine, voci, stridere di carriaggi. Pure bisogna approfittare: o si passa adesso, o mai piú, di quest’oggi. Cauta marcia d’avvicinamento, scaglionati a distanza, gli occhi fissi nel buio a scrutare se il primo estrae il malaugurato fazzoletto bianco, segnale di pericolo in vista, poi il balzo finale. Salto del fossatello, via oltre la strada di corsa: è fatta! Siamo a casa.
Un’altra cascina: ci aprono, esterrefatti di vedere dei partigiani alle spalle, anzi, frammisti alle ultime colonne della ritirata tedesca. Ci dànno da bere, ci mettono sulla strada, e mezz’ora dopo i compagni del posto di blocco di Lucento ci festeggiano con la piú calda e fraterna accoglienza. Ci buttiamo sui giornali. Ci siamo, è finita: il fascismo è morto, il nazismo è morto, lo scopo di quindici anni di lotta, d’ostinazione e di sacrificio è raggiunto. Torino libera e illuminata ci attende.

4 maggio I945.

MASSIMO MILA – scritti civili

Ma ormai siamo alla fine.
Verso gli ultimi giorni di aprile 1945, in un drammatico incontro svoltosi a Campoformido tra Krassnoff e Vlasov, viene deciso di ritirare le truppe cosacche verso l’Austria, nel miraggio di una resistenza fra le montagne della Carinzia. E’ questa una decisione che prolungherà la guerra in Carnia e farà nuove vittime. Ricorderemo, fra i tanti, i caduti di Avasinis, il paese che contò sessantatrè vittime a pochi giorni dalla Liberazione; e i 22 civili uccisi ad Ovaro.
Ed ecco finalmente, dopo tanti sacrifici, lutti e dolori, la rinata libertà. Tra il 28 e il 29 aprile i cosacchi abbandonano Ampezzo. Fanno una sortita il 10 maggio, ma la sera stessa la popolazione è raccolta in chiesa per il solenne « Te Deum » di ringraziamento. Ogni casa è imbandierata. Le campane della valle suonano a festa. Il 2 maggio ancora un guizzo tremendo di odio e malvagità umana, nella battaglia di Chialina di Ovaro. Poi il 6, provenienti dal monte Rest, giungono i primi reparti alleati. Gli ultimi gruppi nemici si arrendono il 10 maggio.
La guerra è finita. Ma quanti sacrifici e quanti lutti!

(Angeli-Candotti: Carnia Libera. La repubblica partigiana del Friuli)

andrea

Mario Lizzero (Andrea), uno dei promotori e degli esponenti della Resistenza in Friuli, commissario politico della Divisione Garibaldi.