Category Archives: e/pistole

… mai la brughiera mi ha così toccato, quasi commosso, come quando nella tua lettera trovai i tre ramoscelli.
Li ho messi subito nel mio Libro delle Immagini che penetrano con il loro odore forte, grave, che è il profumo, in verità, della terra autunnale. Che meraviglia, quel profumo. Mai la terra si può così respirare in un unico odore, la terra matura; in un odore che non è da meno dell’odore del mare, amaro, quando giunge al confine del gusto, più dolce del miele quando pensiamo che debba emanare le prime note.
Pieno di profondità, di oscurità, quasi di tomba, e anche di vento; di catrame, trementina, tè di Ceylon. Grave e spoglio come l’odore di un frate mendicante e insieme resinoso, vigoroso come un incenso. E se si guarda: sontuoso come un ricamo: come tre cipressi di seta viola (un viola tanto pregno da farlo credere colore complementare del sole) come tre cipressi ricamati in un tappeto persiano. Dovresti vedere.
Credo che i ramoscelli non potessero essere così belli quando li spedisti: altrimenti avresti avuto parole di meraviglia. Uno ora posa per caso sul velluto blu di un vecchio astuccio da scrittura. È come un fuoco d’artificio: no, proprio come un tappeto persiano. Tutti, tutti quei milioni di minuscoli rami sono davvero d’un lavoro così meraviglioso? Guarda la colorazione del verde in cui è un po’ d’oro e il marrone caldo come legno di sandalo dei piccoli fusti e le fratture con il loro nuovo, fresco, intimo verde nascente… É tutto il giorno che ammiro la magnificenza di questi tre piccoli frammenti e mi vergogno che non fossi felice quando potevo aggirarmi in mezzo a tale profusione. Viviamo tanto male perché ci troviamo nel presente sempre cosi impreparati, incapaci, distratti da tutto. Non so ripensare a nessun periodo della mia vita senza rimproveri di questo genere, e ancora maggiori. Ho vissuto senza perdere nulla, credo, soltanto i dieci giorni seguiti alla nascita di Ruth: trovando la realtà indescrivibile fino alle sue ultime particelle, come probabilmente è sempre.
Ma probabilmente è anche la trascorsa estate cittadina a rendermi cosi sensibile alla meraviglia dei piccoli pezzi di brughiera venuti dalla prodigalità dell’anno nordico. Non si trascorre invano una simile estate da camera, come costretto nella più piccola di quelle scatole di cui una entra sempre nell’altra, venti volte. E ora sono nell’ultima, rannicchiato. Mio Dio, cosa non misi insieme l’anno scorso: mari, parchi, bosco e radure: la nostalgia che ho di tutto questo a volte è indescrivibile. Ora che qui si profila la minaccia dell’inverno. Già cominciano le mattine nebbiose e le sere in cui il sole è soltanto come il luogo in cui prima era il sole, in cui nelle aiuole tutti i girasoli, le dalie, i grandi gladioli, le lunghe file di gerani gridano nella nebbia la contraddizione del loro rosso. Questo mi rende triste.
Evoca ricordi desolati, chi sa perché: come se la musica dell’estate di città si spegnesse in una dissonanza, con una ribellione di tutte le note; forse perché uno ha già guardato, spiegato, legato a sé tutto questo, nel proprio intimo, senza però farlo mai. Questo soltanto …
a domenica.

RAINER MARIA RILKE

Vier letzte Lieder: II. September

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a casa dei miei ho trovato una vecchia lettera d’amore spedita a un indirizzo di parigi e restituita al mittente per irreperibilità del destinatario
accompagnava la lettera questa filastrocca

datata 22 maggio 1996

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la ragazza bionda scappa altrove
quel mettere gli altri costantemente sotto un mirino la stanca mortalmente, fiacca e intristisce persino i suoi sentimenti più caparbi …
in effetti non sorride ormai da diverse settimane
e neanche adesso, sta sorridendo

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Malinconica, e in questo non si distingue dalle altre lettere. Si parla dei tedeschi, che sanno morire, delle donne che noi perdiamo, di Marc Chagall, dell’abilità nel tenere la forchetta e del significato del provincialismo nella storia dell’arte.

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Tu, ti senti legata al mondo della cultura. A quale, Alja? Ce ne sono molti.
Ogni paese ha la sua cultura e uno straniero non può impossessarsene.
Il mio cuore duole per Pietroburgo, io penso alle sue strade lastricate; tu, invece, non puoi tornare in Russia, tu ami la Francia, anche se non moriresti di nostalgia per lei.
Tu sei una persona di cultura troppo paneuropea.
Se l’automobile non pesasse nulla, non potrebbe andare; il peso dà il punto di appoggio alle sue ruote.
Io non ti scriverei questo, se non ti amassi.
Non tormentarmi dicendomi che, per te, io non ho alcun peso; il mondo attorno ad Alja non ha peso.
Una famiglia tedesca, vicina di casa di Bogatyrev, si è avvelenata col gas. La madre ha lasciato un biglietto: «Al mondo non c’è posto per un lavoratore tedesco».
Tedeschi, mi vergogno, ma non posso aiutarvi! Siete un grande popolo che non dimentica la sua patria. Quando morite, morite da tedeschi.
Alja, scusa per il mio amore malinconico, ma dimmi, in quale lingua, morendo, pronuncerai la tua ultima parola?
(altro…)

con parole semplici ho cercato di spiegare all’interno di una lettera il mio punto di vista (a partire da uno scambio via blog avvenuto tra salvatore d’agostino e ugo rosa) in merito al discorso politico italiano recente, spiegando perchè io non condivida un certo accanimento nei confronti di alcuni aspetti grotteschi e sensazionalistici che hanno assunto una rilevanza a parer mio eccessiva, in termini relativi, rispetto alle questioni fondative dello scenario italiano e del possibile futuro

salvatore d’agostino ne ha fatto un post su wilfing architettura


cosa ricavano le persone da questo snervante accanimento nei confronti dello stile bieco dei nostri politici e come possono riuscire a districarsi e trovare il margine impalpabile che divide l’estetica di quell’ambiente dalla sua inesistente morale? una buona parte del paese probabilmente pensa che il premier è un vincente proprio perché può circondarsi di donne belle e giovani e perché possiede una squadra di calcio: a loro non importa se tali piaceri vengono acquisiti solo ed esclusivamente tramite il denaro (spesso anche illecitamente guadagnato), perché parliamo di persone che tanto denaro non lo vedranno mai e che però ne rimangono inevitabilmente abbagliate

nessuna rivelazione piccante o squallida potrà scandalizzarli, perché tutto quel marciume si svolge all’ombra della ricchezza e del potere, e dunque il rumoreggiare dell’opposizione, martellante e monotono, non scalfisce minimamente l’immagine della divinità vincente

testo integrale  qui

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ti ritrovo, mia puerile pseudodanza innaturale
ti chiudo in un cerchio: e ti interrompo, ti rompo

luciano berio – sequenza XI – eliot fisk chitarra
testo – edoardo sanguineti


la caducità dell’oggetto-mezzo, il suo consumarsi nell’uso, tendono ad alterare nuovamente la struttura della cosa, che si rivela sensibile al fattore tempo seppur in misura e con modalità differenti da quelle umane / bisognerebbe far crollare le barriere dell’ovvio, restituire l’oggetto alla sua sempre rinnovata complessità, ed ecco che dall’oggetto si passa all’opera, opera d’arte si intende, che non solo restituisce dell’oggetto la pura bellezza, ma a quanto pare trattiene di questi la verità, il suo essere oggetto, le sfumature del senso e le sue fragilità di fronte allo scorrere del tempo [e farsi anche evento storico?] / entra in gioco una definizione estetica che non si confronta più solamente con la bellezza in quanto tale / heidegger cita ad esempio le scarpe contadine di van gogh, traendone il titolo per l’intero saggio / l’arte come porsi in opera della verità, il sogno di cezanne, così faticosamente perseguito eppur irrealizzabile nella sua completezza

26 luglio 2007

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ho sviluppato un modo (forse banale) per meglio individuare la presenza di un valore intrinseco nelle cose: è chiedermi sempre quale sia la loro reale significanza, il loro stato di necessita’ – oltre l’oggi, l’adesso, oltre il mio debole perimetro
queste interrogazioni (apparentemente) semplici mi hanno fatta sentire molto spesso in imbarazzo di fronte alle scelte compiute – aiutandomi talvolta ad eliminare alcune dipendenze e parecchie zavorre formali
ma non sono ancora riuscita a renderle sufficientemente efficaci nel lavoro creativo,  anche se ci provo – ogni giorno
(difficile prendere distanza da ciò che è parte di me)

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scrivere (come disegnare) mi costa fatica
prima di rendere definitivo un disegno passano giorni, settimane, a volte mesi
anche se non spesso, capita di tornarci persino a distanza di anni
(per esempio in questi giorni, con i lavori alfabetici)

poi mi accorgo che nel frattempo qualcuno ha preso le mie stesse idee e le ha sviluppate meglio
:)

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a distanza di giorni è la parola “cosa” (le cose dell’incipit) a colpire di più la mia attenzione
contenitore di situazioni e riferimenti generico ed esteso – estensibile
applico la selezione personale quanto più spesso mi è possibile
anche se a volte mi dimentico, mi distraggo, tergiverso – soprattutto indulgo
allora si solleva una questione ancora diversa:
quanto di quello che scrivo e pubblico qui dentro mi corrisponde?
il blog è una piattaforma di verità personali o diventa un luogo di mistificazione e persino chimerico?
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questa doveva essere una lettera
fu scritta verso la metà di settembre e mai spedita
la postilla invece (+) è di oggi

parole 1 / derrida
parole 2 / heidegger

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