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On the Fashion practice Volume 6 Issue 2 out in November 2014 (!!) entirely dedicated to made in Italy, a couple of dresses of mine.
…received the issue by mail just today – finally!

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some new prints on fine art paper soon in the shop
the one in the picture below is the hang - a work of 2010

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mentre trascorro molte ore al giorno intenta a vettorializzare, immagino possibili famiglie di creature
per la prossima mostra mi piacerebbe lavorare con pochi colori, quasi solo in bianco e nero, e realizzare serie di tavole attinenti alla scrittura ed agli alfabeti, da stampare su carta da fotocopie e far scarabocchiare ai bambini
così immagino i letterati, i poliglotti e i caratteriali
creature disturbate –  a volte logorroiche, a volte ermetiche – spesso poco socievoli e di cattivo umore…
puntute, perplesse, tipografiche, monocromatiche, CMYK, scombinate e vagamente autistiche

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provo anche a stampare su a4 alcuni lavori recenti pensando al negozio online che langue
a udine ha chiuso l’ultimo centro stampa che si dedicava anche alle belle arti ed ora concretizzare qualcosa è ancor più complicato / ci vogliono soldi, tempo ed energie – tutte risorse scarse
così, mentre molti si divertono a bere aperitivi, moltissimi si eccitano guidando suv raccapriccianti a velocità stratosferiche, altri si dedicano alla famiglia e altri ancora vanno in discoteca, la sottoscritta si consuma a chiedersi quali siano le ragioni per trascorrere gli ultmi stiracchiati brandelli dell’età quasi adulta in una insulsa e sguarnita città borghese di provincia, nell’odioso nord est dello stivale…
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un articolo di giorgio fontana sul manifesto di ieri è spunto e pretesto per alcune riflessioni in merito alla tendenza contemporanea (ma già evidente nelle parole di camus pubblicate sopra) di considerare l’artista e non l’opera, il personaggio e non il suo operato – in sintesi, l’immagine in vece della sostanza
ricordo di aver inteso nitidamente il senso della crisi culturale in atto durante una visita alla biennale veneziana di architettura, circa una decina di anni fa, quando entrai nel padiglione francese dove al posto dei progetti le pareti erano tappezzate con ritratti giganti in bianco e nero dei progettisti nazionali allora più in voga, ritratti su cui era riprodotta la loro firma altrettanto gigante …
tale scelta mondana mi scandalizzò e me ne andai disgustata, domandandomi se quello fosse un alibi per nascondere la carenza di buone architetture o se davvero fossimo giunti al punto in cui il progettista e la sua estetica personale fossero diventati più importanti dell’opera stessa

tutto questo deriva dal cinema? dalla distanza solo apparentemente breve che c’è fra il protagonista-interprete e il divo-persona?
per certi versi tumblr rappresenta un esempio di questa desostanzializzazione delle immagini e del loro contenuto: io stessa salvo spesso ritratti di grandi maestri delle arti, piuttosto che di politici od intellettuali, per l’aura che trasportano con sé – un’aura che riconosco come familiare, indipendentemente dal fatto di averli letti o studiati / l’immagine vive dunque un’esistenza a parte, di superficie e per certi versi scollegata dai contenuti,  frequentemente più intensa dei riferimenti culturali che veicola

intellettuali – ecco finalmente la controversa parola che mi ha condotta sin qui dall’articolo di fontana, dove si puntualizza la necessità di pensieri forti, indipendenti dalla verve estetica delle figure da cui tali pensieri provengono / il giovane scrittore si sofferma inoltre a riflettere pur velocemente sulla ricchezza del web e sulla necessità di trovare anche nelle letture online il risultato di uno sforzo che prescinda l’esibizionismo e il partecipazionismo di chi scrive – uno sforzo a sè stante, generato dalla volontà di mettere a fuoco dei contenuti mediante la scrittura

così la vera domanda non è di quali intellettuali l’Italia ha bisogno oggi, ma di quale pensiero. indipendentemente dalle figure che lo veicolano. indipendentemente da occhiali dalla montatura spessa, pernod su tavolini di parigi, o qualunque altro elemento che ci distolga dal solo punto chiave: il valore di comprendere razionalmente, liberamente, e criticamente, il reale.
perché sì, la mia preoccupazione più grande è che il pensiero abbia un effetto sulla realtà, e che il mestiere dell’intellettuale (ah, ancora questa parola) sia un mestiere nel senso più robusto e antico del termine. trasmettere la passione del ragionamento in una società che sta perdendo il valore dell’argomentazione.
ma come ho detto, a me gli “intellettuali” stanno sullo stomaco: non voglio altissime figure di riferimento, voglio parole che tocchino il cuore delle cose
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