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parecchi anni fa un amico sloveno, durante una cena a casa mia, mi disse che era contento di essere nato in questo periodo storico
(ma dieci anni fa eravamo già dentro a questo nostro presente?)
non ricordo bene la mia replica di allora a tale affermazione, probabilmente fu qualcosa come un “sì e no”; però guardandomi in giro oggi mi sento di dire che no, non sono contenta di questo tempo, lo dico mentre pedalo e osservo gli ultimi prati della città dove spiccano i rendering minacciosi di qualche agenzia immobiliare, lo dico pensando ai 3000 morti nei nostri mari durante l’ultimo anno, lo dico quando constato come vengono quotidianamente maltrattate la cultura e l’istruzione nel mio paese, pensando a come tanti strumenti a nostra disposizione non consentono di valorizzare il talento originale ma quasi solo di ipertrofizzare la produzione di mediocrità.
lo dico con in mente l’avidità incalzante e isterica di genti che pensano solamente a riempire il loro portafoglio

e lo dico anche perchè, se fossi vissuta prima di adesso, avrei forse potuto non vedere questo scempio di risorse e di diritti e di vite, e perchè avrei conservato integra l’illusione che la civiltà dell’uomo marcia in avanti e non all’indietro

forse

 

muoio soffocato da terroristi salafiti
prima ancora che si concluda la trattativa
muoio come uno sbaglio
in un appartamento di gaza city
con lo stomaco pieno di sangue
e la bocca impastata di domande

 

nel video il ragazzo ha paura e trema
stiamo guardando il video di un morto

la forchetta sospesa e il cibo che gocciola
noi che guardiamo il telegiornale – da così lontano
non sentiamo l’odore della morte –
ricominciamo a masticare quasi subito

[ vergognosamente (ancora) viva
eppure immobile nella mia taglia 42 ]

.

infilo le pantofole, lavo i piatti, accendo la radio, faccio la doccia, apro la finestra, esco a comperare il giornale, preparo il caffè, scelgo una camicia, leggo un libro sdraiata sul letto, mi guardo allo specchio, mi lavo la faccia, scrivo sul diario, accendo il computer, bevo il caffè, faccio pipì, infilo i pantaloni, frugo nella borsa, metto il rossetto, cerco gli occhiali, guardo un film, sfoglio il giornale, spalmo la marmellata su una fetta di pane, mi taglio le unghie, metto la crema, infilo un maglione, riordino le scarpe, scrivo una mail, ascolto un po’ di musica, sbuccio una mela, mi profumo, sprimaccio il piumone, telefono a mia madre, cambio la camicia, cerco un libro sugli scaffali, disegno, scelgo la biancheria, pulisco le lenti degli occhiali, scarabocchio su un pezzo di carta mentre parlo al telefono, mi metto la giacca, scatto una foto, spengo la televisione, lavoro al computer, ritaglio carta colorata, esco a fare la spesa, mi metto a letto, cucio un bottone, scelgo un cd, guardo un video su youtube, metto una pentola sul fornello, pulisco il pavimento, passo una pagina nello scanner, metto le lenzuola nella lavatrice, ordino gli inchiostri, apro una lettera, scrivo una lettera, cerco una giacca nell’armadio, rido, faccio lo shampoo, guardo alcune fotografie, infilo un anello, prendo l’orologio sul comodino, raccolgo alcune cartacce, sposto un candelabro, lavo la teiera, torno al computer, ascolto la radio, prendo una medicina, spengo il cellulare, pulisco la macchina fotografica, sbuccio una mela, prendo un foulard dal cassetto, mi soffio il naso, mangio una caramella, chiudo il pacco dei biscotti, appendo il pigiama in bagno, mi asciugo i capelli, cambio l’assorbente, raccolgo i sacchetti del riciclato, stendo il bucato, chiudo la finestra, metto il deodorante, slaccio il reggiseno, inzuppo un biscotto nel caffè, ripongo il latte nel frigorifero, scelgo uno smalto per le unghie, cambio gli occhiali, mi collego a facebook, rispondo al telefono, vado al cinema in bicicletta, preparo la cena, lavoro a maglia, chiudo gli occhi

intanto –  in america succede questo