270206
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DIARIO SOCIETAS RAFFAELLO SANZIO

#01 cesena

forse è tempo di stilare un resoconto della settimana dedicata dal css al teatro della societas raffaello sanzio, presente a udine con ben tre spettacoli, il ciclo filmico e un seminario a numero chiuso.

il mio amore per il loro teatro cominciò un po' paradossalmente, nel 2001, grazie alla trasmissione radiofonica in diretta di uovo di bocca [testi di claudia castellucci] commentato su radiotre da un bravo speaker alle prese con una rappresentazione di luci e suoni assai difficile da presentare a un pubblico di non vedenti.-- fu per me un'esperienza folgorante [è il caso di dirlo] perché i suoni e le parole erano pura luce e mi si apriva improvviso un mondo di possibilità della rappresentazione che non avevo mai immaginato prima d'allora e che dialogava con i bisogni e le memorie dell'animo, senza filtri, in maniera cruda e totale.
successivamente fu la volta di buchettino, anche questo visto- alla radio, e pochi mesi dopo spiegato e commentato da chiara guidi nel programma settimanale del sabato pomeriggio che radiotre dedica al teatro.

epitaph

le prime immagini arrivarono nel 2003 grazie ad epitaph, un volume antologico edito da ubulibri che raccoglie la summa fotografica dei lavori precedenti la tragedia endogonidia.
poi ancora uovo di bocca, il piccolo libro di poesie edito invece da bollati boringhieri da cui era stato a suo tempo tratto l'omonimo spettacolo di lettura teatrale.
insomma, è stato un avvicinarmi per gradi, immaginando più che osservando, nella condizione che ci porta al momento dell'incontro carichi di una bramosia assoluta e totalmente aperti.

l'impatto visivo comicia con i primi sei episodi del ciclo filmico della tragedia endogonidia: #01 cesena, #02 avignone, #03 berlino, #04 bruxelles, #05 bergen, #06 parigi. alla fine di queste prime due ore e mezza di proiezione esco rimescolata e sofferente: le immagini non arrivano dall'esterno ma fanno parte di chi guarda, sono il terribile che conserviamo ben nascosto e ci rifiutiamo di vedere, di ricordare. i suoni disturbano, assordano, tormentano, le parole pronunciate sono poche e la voce è quella di un'entità mostruosa, bestiale. al contrario, una fantasmagoria di simboli bombarda gli occhi e l'animo senza possibilità di ricondurli a un ordine totale. rappresentazione puntuale ed esplicita della tortura [come altro definire la condizione umana?].
artaud e beckett.
l'adesso convive con il passato remoto. il tempo.

la seconda parte del ciclo comprende altri cinque episodi: #07 roma, #08 strasburgo, #09 londra, #10 marsiglia e l'episodio conclusivo ancora in progress che chiude il cerchio, #11 cesena.
nero bianco oro sangue rumore morte.
la tragedia vive di elementi primari, quasi primitivi, ancestrali, incastrati in una contemporaneità esasperata. il coro sparisce: non v'è ausilio per lo spettatore, che rimane in balia di se stesso e del proprio sguardo e che va soggetto a un bombardamento di domande terribili. eppure, a pensarci bene, nulla che sfugga al nostro quotidiano: i simboli sono oggetti che abbiamo sotto gli occhi, i suoni quelli del mondo meccanico e industriale, della guerra, del contrasto fisico degli elementi, di una televisione mal sintonizzata o distorta se accesa ad un volume esagerato. la nostra vita- esponenziale --scorre di fronte ai nostri occhi e non c'è spazio per la rassicurazione, per la redenzione o per la speranza. si percepisce e si subisce costantemente l'elemento di disturbo, di corruzione dell'equilibrio.
eppure questo è lo spazio totale della bellezza, che riluce persino nel nero assoluto, che scaturisce da un rivolo di sangue sulla pelle eburnea o da una coppa di latte rovesciata sul volto di un bambino recalcitrante.
le figure escono dal fondo come fantasmi ma questo lo vedrò meglio nei giorni successivi, quando per la prima volta potrò assistere a una rappresentazione in prima persona.

nel frattempo iniziano le tre giornate di faticoso quanto entusiasmante seminario in compagnia di claudia castellucci, dedicato alle maschere-persona ed alla possibile mappatura della tragedia endogonidia. il progetto prevede l'invenzione di una struttura che raccolga e restituisca gli spunti del lavoro endogonidio, diventando però autonoma e consentendo quindi di sganciarsi dal punto di partenza. i riferimenti sono i carmina figurata, le ruote della memoria e per arrivare un po' più vicino a noi, anche mnemosyne di aby warburg. è necessario partire da un tempo remoto in cui simboli ed enigmi possedevano ancora un valore primario e condizionavano la cultura e la conoscenza. intorno ai tavoli siamo poco più di venti, persone di varia formazione, venute da tutta italia. nascono ipotesi di progetti, singoli o di gruppo, molto diversi tra loro: una vetrata dipinta, un ricamo, uno studio delle costellazioni, un origami, una bambola...

nei giorni successivi si comincia ad andare a teatro per la fase conclusiva del ciclo udinese. la tragedia si rivela nella sua essenza, ben più potente e incisiva che in video [nonostante vada riconosciuto il grande talento di carloni e franceschetti autori della memoria filmica].

#04 bruxelles

episodio #04 bruxelles: scenografia unica [un grande cubo cavo di marmo] per circa un'ora di spettacolo, al palamostre.
quattro giorni dopo è il turno di london [episodio #09] al teatro nuovo, anch'esso della durata di un'ora, ma denso e variegato, così da far sembrare il tempo più lungo.
rispetto alla memoria costituita dal ciclo filmico mancano in london alcune presenze dell'episodio originale [non c'è più san paolo che si taglia la lingua e l'impresa di pulizie viene sostituita da un clown con le orecchie rosse, che lava il pavimento utilizzando, al posto dello straccio delle interiora prelevate da un secchio bianco]. alcuni simboli vengono dunque abbandonati durante il percorso, o trasmigrano da un episodio all'altro, per adattarsi a un presente in costante riformulazione.

#03 berlin / #09 london

ciò che ho potuto intra-vedere nel ciclo filmico qui trova un suo ordine, si fa limpido, recupera una posizione precisa seppur basata sulla totale incertezza; si è circondati dal cambiamento e al contempo costretti nel tempo immoto della tragedia incombente. le figure si rivelano dal fondo [e nel fondo riannegano] come in un bassorilievo, cangiante ed enigmatico.
le sensazioni forti, il fastidio, la percezione collettiva di quelle stesse sensazioni suppliscono alla caduta del mito, ricostituiscono la tragedia e la rendono viva [seppur nel paradosso]. lo strumento teatrale, che è uno strumento profondamente politico, lavora proprio a partire dallo spazio tra gli spettatori [cito romeo castellucci dall'incontro conclusivo con il pubblico tenuto al san giorgio il 23 febbraio], quello spazio che diventa elemento fondante per il teatro stesso, che lo genera e lo rigenera. mi vengono in mente i grandi conigli di pezza che in berlin [episodio #03] occupano le poltrone in platea, e che gli spettatori devono tenere in braccio durante l'intero spettacolo. lo spazio vivo è quello che mette in relazione tra loro gli individui, che crea un sentire comune, a partire dal quale...

#03 berlin

la storia di uno stato continuo d'eccezione diventa il futuro delle potenzialità
[alan read]

ho lasciato per ultima l'esperienza del ciclo che più mi ha ipressionato: crescita XII avignon, azione di 20 minuti per 20 spettatori [teatro san giorgio, 20-21 febbraio, loop di 6 repliche a sera].
avventura, per me prima e unica, di teatro che va oltre i propri confini e pone lo spettatore a confronto con sensazioni e paure estreme e con la necessità/capacità di affrontarle in pressochè totale solitudine, senza poter scappare o comunicare con l'esterno.
è la tragedia che si condensa e si esplicita, che travolge la persona, ignara e impreparata, propro come lo è nell'esperienza reale del vivere.
agisce sull'individuo e ne modifica la visione irrimediabilmente.
quando le luci si riaccendono e tutto tace, sul palco rimane solo un oggetto immoto, un oggetto qualsiasi, prima accompagnato ed animato dalla figura umana, ormai inesorabilmente spazzata via, cambiata, [cresciuta?], morta.
in ogni caso scomparsa.
la vita è stata soffiata altrove, sottratta nell'atto tragico, risucchiata in noi e da noi pur senza sapere come e per quanto ancora. è una riflessione sui confini del vivere e sull'ineluttabilità traumatizzante della perdita, che passa attraverso la resistenza psico-fisica individuale.
azione [teatrale] priva-ta di ogni superfluo, quasi matematica.
i rimbalzi del pallone da basket scandiscono un tempo precedente, dall'apparenza innocente, quando lo spettatore ancora inconsapevole è solo velatamente turbato [forse da un piccolo cartello appeso nel foyer, che avverte circa i possibili rischi per cardiopatici ed asmatici nell'assistere allo spettacolo]...

crescita XII avignon