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in dettaglio
1 COSA C'È DI
AUTOBIOGRAFICO NEL LAVORARE SUL CORPO?
È IL CORPO TUO O IL RAPPORTO DEL TUO CORPO CON GLI ALTRI?
2 COS'È L'IMMAGINE
DEL CORPO PER TE?
È SOLO UN SEGNO O SI PORTA DIETRO UNA PRESENZA CHE DA UN
PESO, UN IMPORTANZA PARTICOLARE AL LAVORO SUL CORPO RISPETTO AL
LAVORO SU ALTRI SOGGETTI?
221105
noi siamo corpo, più di ogni altra cosa.
la società è fondata sull'idea di pudore, di vergogna
corporale, e sulla continua effrazione di questa morale del corpo.
i nostri abiti sono amorali [perchè istigano alla vanità
più che alla funzionalità ed all'eleganza]. analogamente
i cibi. i profumi. gli involucri e gli ornamenti.
il corpo è il supporto del
racconto - il corpo è il racconto: traduce/veicola/incarna
riflessioni ed esperienze. è mio, quale estensione di ciò
che non posso diventare, dividere né compartire.
incarnazione fisica del non fisico.
mi domando spesso se sono spettacolari
le sue[mie?] protesi [textures, superfetazioni, deformità],
perchè in me non c'è intento spettacolarizzante [o
così vorrei].
ma come sai è ben raro che il risultato corrisponda alle
intenzioni
021205 il tema del corpo si intreccia frequentemente
con un'altra ossessione, meno di superficie, legata all'idea di
permanenza, di sospensione temporale. il disegno deve sollevarsi
al di sopra del tempo presente, cavalcarlo e contemporaneamente
escluderlo, per recuperare gli estremi del già vissuto,
e creare una sorta di arresto, una cronologia inceppata dove gli
stadi della crescita si sommano senza escludersi e il corpo porta
le tracce di ogni tappa senza disperderle e cancellarle.
è la mia ossessione nei confronti dell'immortalità,
la paura di ogni passaggio temporale, legata a quella più
estrema della fine.
per i lavori uso spesso carte che sono state lasciate invecchiare
per anni, ingiallendo e raccogliendo l'odore del tempo, oppure
fogli che trovo per strada, o macchiati, o che altri abbandonano.
mi interessa che il supporto faccia parte il più possibile
di questo meccanismo del tutto illusorio di conservazione del
tempo e di recupero quasi feticista del già vissuto [meglio
se vissuto da altri, per un senso irrazionale di intimità
e vicinanza].
a dispetto di tale gioco di permanenze chiedo [ma
non so con quanta efficacia] al disegno di essere contemporaneo,
e di non tradire mai il tempo in cui si forma
fotoelaborazione 2001
disegno 2003
diario 2003
3 COME PARLA
IL CORPO DELL'IDENTITÀ SESSUALE?
E COME PARLA L'ARTE CHE TRATTA IL CORPO DELL'IDENTITÀ SESSUALE?
QUANTO C'È DI ESPERIENZA PERSONALE QUI E QUANTO C'È
DI UNA COSCIENZA DI UNA CONDIZIONE PIÙ COLLETTIVA DEI SESSI?
il corpo trasmette un'identità
sessuale [ma anche la sua perdita], e trasporta su di sé
le incertezze di tale identità. è un corpo che spesso
non si distingue dai suoi accessori [penso per esempio ai piccoli
monili che non sfilo mai, di cui mi dimentico, come l'anello d'argento
all'anulare del piede destro].
forse si tratta di un corpo di scarsa coscienza, per questa assenza
di un confine chiaro tra dentro e fuori, tra proprio ed estraneo.
esiste poi l'elemento infantile, ambiguo per eccellenza, non ancora
formato o solo parzialmente formato, che trasciniamo con noi spesso
inconsapevolmente.
il
corpo a volte è malato, o violato, ed il confine tra cura
e tortura è sottile. si rivela la relazione instabile tra
corpo ed organismo, il margine tra dentro e fuori, tra estetica
e funzionalità.
i disegni assumono il ruolo di radiografie, il corpo diventa trasparente
e risaltano masse e reticoli che lo attraversano. non è definito
il margine tra organi vitali e superfetazioni maligne.
per curare vengono messe a nudo le proprie fragilità, si
indaga ogni orifizio e si trasporta l'interno all'esterno, attraverso
telecamere e monitor. lo strumento di indagine è di fatto
uno strumento di violazione, che ci impone di mettere da parte alcuni
pregiudizi e il senso del pudore.
anche in questo caso il rischio è
di andare incontro a un perverso gioco di spettacolarizzazione.
e la malattia diventa uno strumento per stupire, per catturare l'attenzione.
a volte l'arte si muove a cavallo del limite oltre il quale un'immagine
forte diventa triviale. guarda per esempio la fotografia di sarah
morris qui a destra: è molto difficile stabilire il confine
tra tendenziosità, invenzione, denuncia. questo è
il lato interessante ed allo stesso tempo pericoloso dell'immagine
[la sua ambiguità fa si ci attragga e ci infastidisca simultaneamente],
che a seconda del contesto potrebbe assumere connotazioni diverse.
tale fragilità contestuale mi rende scettica rispetto all'effettiva
durata culturale di un progetto artistico.
... arte usa e getta?
291105
l'anno scorso un'amica mi spedì alcune immagini degli acquarelli
di barthélémy toguo : mi ha colpito molto l'uso
dell'acquarello, assai più scabro e rustico rispetto ai riferimenti
che avevo considerato in precedenza [dumas, peyton] e poi un trattamento
del corpo arcaico, sollevato dall'idea di tempo.
le sue sagome sono sanguigne, meno
lievi delle mie, e mi hanno colpito per il loro valore arcaico e
per l'essenzialità della rappresentazione.
molti degli elementi che ricorrono
nei suoi disegni sono analoghi ad alcuni inclusi da tempo nei miei
lavori, nonostante la lontananza dello stile reciproco. questo ha
reso l'osservazione interessante, una specie di controcanto
hannah wilke 1992
sarah morris 2004
barthélémy
toguo
disegno
2005 [det]
disegno 2004 [det]
4 CHE RAPPORTO
VEDI TRA DISEGNO E EDITING DIGITALE DEI CORPI?
221105 il segno a matita è
intimo, nudo, incorreggibile.
non ammette repliche.
è un prolungamento della mano. è segno fisico. nasce
senza preavviso ma richiede ordine, rigore, silenzio.
231105 il disegno è fisico.
lavorare al computer implica distacco e meno pathos.
questo può essere un aspetto positivo, il computer rappresenta
un complemento al gesto più diretto della matita sulla carta.
ma il computer è pericoloso proprio perché non consente
di porre facilmente un limite all'abbellimento.
il lavoro rischia di divenire futile.
ho scoperto di recente che è
possibile mescolare le due tecniche [segno a mano libera e computer],
non nel tentativo di abbellire, quanto per operare in maniera più
logica, lasciando i debiti spazi per ogni tipo di strumento. per
esempio, l'uso dei testi o di particolari textures non potrebbe
essere di eguale effetto se realizzato manualmente, oppure implicherebbe
un uso di tempo sproporzionato quanto inutile.
non credo che si debbano nutrire pregiudizi nei confronti di alcuno
strumento.
ritengo inoltre che il computer sia l'erede di altri mezzi grafici
che facevano riferimento all'idea di multiplo.
241105
la nostra per molti aspetti è senz'altro l'era dell'inconsistente.
l'uso del computer legittima il prodotto inconsistente, che esiste
solo come proiezione di particelle lumiose all'interno del monitor...
molto di ciò che viene proposto
dal mondo dell'arte e della comunicazione mi irrita e mi tiene a
distanza a causa di una sconcertante assenza di autenticità,
di rapporto con il mondo reale [quello dove vive la gente comune].
sono lavori che allontanano dal vero e sospingono o trattengono
nella sfera patinata e anemica, INODORE, delle immagini.
l'odore è un senso trascurato,
mentre conserva più di altri sensi il legame con la realtà.
[...cercate un po' di incorniciare un profumo! - DERRIDA]
...ricordi la performance di marina
abramovic alla biennale del '97, quando puliva un mucchio di ossa
con una spazzola all'interno di un piccolo spazio? a quel tempo
lavoravo in un padiglione e non mi fu possibile assistere in diretta
alla sua rappresentazione, ma ciò che mi rimase ben impresso,
degli innumerevoli racconti dei visitatori, fu proprio l'incisività
dell'odore che sprigionava dal mucchio di ossa e impregnava l'aria:
mi parve la cosa più significativa dell'intero progetto,
ciò che lo distingueva dalla massa di opere senza vita.
il web consente inoltre una simulazione
continua, è il territorio dell'illusione legittimata e della
finitezza apparente. ne parlo sinteticamente in seguito --->
[x]
siamo dunque nel mondo della
futilità assoluta, che è pesantissima, assai
più di tutte le cose pesanti, che è il peso
stesso, anche quando cerchi di adornarsi, come con pezzi archeologici
scavati qua e là, di residui della memoria successiva,
di frammenti di immagini sovrapposte, di allusioni, simiglianze,
assonanze e grida da furba e bassa o pedantesca letteratura.
questa è dunque l'austera assoluta impudica svergognata
innocente, nulla facente tutto facente, covante, grigia spiaggia
della assoluta Futilità.
carlo levi - quaderno a cancelli
c-prints 2004
5 COS'È LA GRAFICA
IN RAPPORTO ALL'ARTE PER TE?
C'È DIFFERENZA TRA LE DUE?
281105
parlare del lavoro al computer sposta immediatamente l'attenzione
sulla delicata definizione del ruolo della decorazione all'interno
di un progetto grafico o artistico.
la differenza tra arte e grafica
non è secondo me di natura prettamente decorativa. si tratta
piuttosto di una diversa gestione e ottimizzazione del concetto
di equilibrio.
se è vero che entrambe si basano sulla comunicazione, mi
pare però che la grafica persegua un equilibrio estetico
rigoroso e definito, mentre al contrario, l'arte si orienta verso
forme di squilibrio più o meno marcate, persegue la vertigine
e la perdita dell'orientamento.
l'arte [posto che esista ancora] crea o dovrebbe creare interrogativi,
dubbi e vuoti di comprensione, e non fornire risposte o soluzioni.
guidare lo sguardo al di là di una visione precostituita
generando in questo modo tensioni di diversa natura ed entità.
attualmente è in corso una
avvilente svalutazione di entrambi i settori [grafica e arte], che
prevede l'adattamento a un profilo medio, con risultati vuoti di
ogni riferimento culturale, per lasciare spazio alla mera spettacolarizzazione.
[---] abbiamo ottenuto la democratizzazione dell'arte e della
cultura o la loro annessione a un mondo senza profilo?
hal foster - design & crime
agenda smemoranda 2006 - zetalab
6 CHE COS'È
LA DECORAZIONE PER TE?
PUÒ LA DECORAZIONE ESSERE NECESSARIA E NON SOLO ACCESSORIA?
VEDO DUE LINEE: UNA RIGOROSA-MINIMALE E UNA RICCA DI SOVRAPPOSIZIONI
NEI TUOI LAVORI...VOLEVO CAPIRNE DI PIÙ
ed ecco lo spinoso problema di dare
una definizione, ma soprattutto una legittimazione, all'atto decorativo
come parte integrante e necessaria di un progetto. se ricordi ti
posi la stessa domanda tempo addietro in merito all'architettura.
si tratta di pelle o abito, tatuaggio o cosmesi?
e ancora, qual'è la valenza di queste diverse soluzioni che
in qualche modo hanno a che fare con l'idea di ornamento e decorazione?
come vedi a volte capita di rispondere alle domande con altre domande,
mettendo a fuoco il problema ma non trovando di fatto risposte possibili
che non siano quelle legate a un particolare istinto, capace di
guidarmi attraverso scelte che non sono mai meramente estetiche
e nemmeno solo di contenuto.
è un intreccio spesso insondabile
quello che lega uno slancio alla sua forma, anche se hai scritto
bene circa il fatto di intravvedere due possibili strade, una più
scabra e l'altra maggiormente variata ed in qualche misura esuberante
dal punto di vista grafico.
in verità quasi tutte le mie
decorazioni [se così vogliamo definirle] sono generate dalla
ripetizione di un elemento e dalla sua variazione fino alla produzione
di texture. soprattutto nei lavori al computer più datati
queste textures erano l'elemento trainante dell'intero lavoro. anzi,
il gioco consisteva proprio nel mettere alla prova un soggetto iniziale,
frammentandolo e disperdendolo in una parcellizzazione infinita.
nelle figure più recenti la
texture equivale a un vuoto grafico, mi pare che abbia la stessa
valenza di una campitura piana ma sottolineata attraverso un elemento
di paradosso: la texture è l'abito che diventa tatuaggio
ma che non altera di fatto una situazione di immobilità e
di alienazione dei soggetti. sono figure prive di vanità,
ed a mio parere la decorazione di superficie non fa che accentuare
la loro fragilità estetica, le loro deformità o una
vecchiezza che si rivela nei dettagli del corpo.
c-print 2004
fotoelaborazione 2001
7 QUANDO HAI
COMINCIATO A DISEGNARE SILHOUETTE E CHE COSA C'È NEL VUOTO
CHE VI È IN CENTRO?
nel tempo le figure si sono appiattite su
se stesse, riducendosi a sagome. il lavoro da descrittivo si è
fatto maggiormente evocativo, ma non so dirti se sia conseguenza
di una crescita o di un progressivo irrigidimento interiore che
ha contagiato sia la visione che l'espressione.
mi sono aggrappata ad alcune figure, ripetendole
all'infinito, riciclandole, riesumandole, in un pigro delirio
dal quale non so uscire. non mi sento di contrastare questa condizione
espressiva, perchè lo sfogo ha il diritto di essere maniacale
e fuori misura, altrimenti perde la sua forza.
8 LE FIGURE
DEI TUOI DISEGNI SONO SOLE O SONO INSIEME A QUALCUNO?
IN ALTRE PAROLE, SENTI DI POTERE RAPPRESENTARE UN DIALOGO O UN RAPPORTO?
sabato.
settembre 20. 2003
1.38 pm - la figura è ciò che si intravvede, oltre
l'orizzonte precario del lavoro, oltre le parole, sopra i suoni.
la figura si sfaccetta e si sfilaccia, come una stoffa, come un
vetro rotto. ha frammenti, residui, scorie e schegge. è una
figura indaffarata e aliena, che scappa da se stessa in un moto
di narcisismo irrisolto o si siede a pensare vorticosamente.
si appoggia su superfici irrilevanti, antiestetiche e varie. senza
coerenza.
la figura non
parla ma
suona strumenti.
possiede attributi umani ma non è - propriamente - umana.
si rivolge altrove, difficilmente guarda dentro l'obiettivo e lo
sfida.
mi domando chi lo comanda e lo gestisce questo gioco, in cui la
matita obbedisce a leggi imperscrutabili. i segni scappano via,
sgusciano dai polpastrelli, dai polsi e dal moto delle spalle. a
volte li sento uscire dalla bocca, come un respiro affannoso.
sono davvero i segni dell'anima? oppure vengono dai rotocalchi,
dal passato altrui, dal monitor quasi sempre acceso? sono segni
che mi lasciano senza fiato, stanca, pronta a rilasciarmi sul materasso
senza nemmeno togliermi i vestiti. con addosso una vuotezza familiare,
di chi si è già liberato di una parte di sé
durante il giorno, durante le ore faticose e avvincenti in cui a
radio spenta dialogo con la superficie eclettica che mi fronteggia,
con i suoi colori, le sue trame, la granulosità che seduce
i polpastrelli e che accoglie la grafite e l'inchiostro.
è un'alchimia, anche questa inconsapevole, istintiva, faticosa
come gli errori e le imprudenze che hanno sempre un prezzo. un'alchimia
che sovrasta le parole e che una volta ancora mi induce al silenzio.
le
figure non parlano, ma a volte tra loro si sviluppano tensioni forti,
isteriche. spesso si tratta di monconi di figure e la loro comunicazione
è alterata/complicata/impossibilitata da queste mutilazioni,
che sono anche espressione del non finito, del precario, del non
ancora sviluppato e non autonomo.
difficilmente oltre il foglio può
succedere qualcosa. l'immaginazione si muove dentro al disegno,
ma non oltrepassa i suoi confini.
è un'evocazione chiusa su se stessa.
[---] io non penso che l'impotenza sia stata coltivata
in passato. sembra che vi sia una sorta di assioma estetico
che dice che l'espressione è un compimento, deve
essere un compimento. per me, ciò che io mi sforzo
di esplorare è tutta questa zona dell'essere che
è sempre stata trascurata dagli artisti come qualche
cosa d'inutilizzabile o, per definizione, di incompatibile
con l'arte. io penso che oggi ogni persona che presti la
più lieve attenzione alla sua personale esperienza
si renda conto che è l'esperienza di qualcuno che
non sa, di qualcuno che non può. l'altro tipo di
artista, l'apollineo, mi è assolutamente estraneo
[---]
samuel beckett
tecnica mista 2005
9 COSA
VUOL DIRE ESSERE DONNA PER IL TUO LAVORO?
C'È UNA CONDIZIONE/SENSIBILITÀ/IDENTITÀ FEMMINILE
SECONDO TE CHE SI ESPRIME NELL'ARTE? SE SÌ, DOVE RISIEDE?
essere donna è una condizione
reale.
non ritengo che la nostra società sia ancora giunta a un
equilibrio tra i due sessi: è davvero molto difficile formare
meccanismi socio-culturali che siano realmente paritari. immagino
di essere cresciuta radicando alcuni limiti [dovuti alla mia condizione
di donna] senza quasi accorgermene, evitando per questo di metterli
in discussione.
il mio è di fatto un lavoro
su di me e perciò parte necessariamente da una condizione
di genere. a volte ne opera un ribaltamento, probabilmente sulla
base delle mie ambiguità caratteriali e comportamentali.
ma mi piace pensare che l'osservatore non sia in grado di distinguere
--- e che il lavoro finale sia in certo modo asessuato [sessualmente
imperscrutabile].
non mi sento di esprimere
una condizione collettiva. parlo di ciò di cui mi faccio
carico direttamente [è un mio limite].
lo sguardo è un ricettore di responsabilità
sono ciò che vedo, ma lo
sono individualmente
disegno 2004
disegno 2005
10 COSA SIGNIFICA
MANIPOLARE O RITAGLIARE IMMAGINI DI CORPI?
HA UN SIGNIFICATO DI LIBERTÀ DI DEFINIZIONE DEL PROPRIO CORPO
O PUÒ FORSE IMPLICARE UN MANIPOLARE CORPI ALTRUI?
manipolatrice di immagini
l'idea di usare immagini non mie, o di rifotografarle, fa riferimento
a un altro tipo di gioco: mi annullo nel lavoro altrui. esco da
me e dal mio riflesso. divento parte del costante e ridondante flusso
di immagini che mi circonda. uso il flusso di immgini. oppure mi
metto a sua disposizione, dispiegandone nuove possibilità.
un'altra ragione per cui ho cominciato a lavorare a immagini di
altri, sostanzialmente foto di moda, è sondare il margine
impercettibile oltre il quale il bello diventa terribile. mi divertivo
a deformare volti perfetti attraverso minime variazioni. od a comporre
elementi singolarmente attraenti per ottenere un risultato abberrato.
081205 recentemente sono capitata
per puro caso nel sito di una galleria americana che esponeva lavori
di richard prince.
tramite le informazioni scoprii che l'artista ha un bel sito personale,
graficamente valido e ricco di documentazione, dove ho potuto trovare
del materiale interessante in merito al rifotografare le fotografie,
cosa che prince fa da molti anni.
non mi fa sentire sminuita il fatto
di sapere che qualcuno prima di me abbia già percorso una
data strada [oltretutto sai bene che non intendo il processo creativo
come unicamente o primariamente finalizzato all'esibizione in gallerie
od al mercato]. personalmente sono arrivata alla fotografia di fotografie
[e di film] in maniera spontanea, giocando con la macchina fotografica
digitale, e rendendomi conto di come le immagini in questo modo
assumessero una nuova identità, rendendo reale la realtà
rappresentata [come trovarsi su di un set cinematografico o di moda].
non si tratta dunque un mero supporto personale per la memoria,
ma di un riappropriarsi delle immagini, a volte in maniera del tutto
compulsiva [almeno per ciò che mi riguarda]. è una
forma quasi maniacale di protagonismo [e per questo vicina al suo
contrario, l'annullamento] e contemporaneamente un negare l'evidenza
dell'immagine ricacciandola forzatamente in una nuova realtà,
restituendole una profondità fisica che aveva perduto, attraverso
un'operazione di decontestualizzazione che è in realta una
ricontestualizzazione.
il lavoro svolto negli anni con la macchina digitale ha sicuramente
a che fare con la mia concezione del computer e delle sue potenzialità.
le POPs [pics of pics, come le ho definite] sono state e sono tuttora
un prodotto cui dedico attenzione, un gioco che traduce il morboso
legame con le immagini dei miei anni recenti, e la necessità
di trovare un controllo che passi attraverso un filtro personale
ma che allo stesso tempo mantenga un legame forte con un contesto
estraneo, con un'origine esogena.
esiste poi un altro aspetto che prince sottolinea e che trovo davvero
interessante, vale a dire il fatto che in qualche modo, utilizzando
immagini prelevate da riviste, fotografo un multiplo e partecipo
a una visione collettiva e a un particolare processo di rifrazione
e frammentazione.
c-print 2003
[---] by cropping
and taking a photograph from an already existing picture,
you're in a sense fragmenting the real and attempting
to add on, or 'annex' it to something more real.
[---]
--------------------------------------------------------------------
[---] The material I appropriate is available to
anyone who cares to use it. The fact that the material
has possibly been observed or unconsciously collected
by person's other than myself, in effect defines its
desires and threats. It's this 'prior availability'
that verifies the fictional transformation and helps
cool down any reference to an observable reality.
[---]
-------------------------------------------------------------------- [---] Photographing or re-photographing photographs
is reckless
Film has a natural ability to appropriate and pirate.
Published pictures
are available to anyone who cares to use them and re-photographing
a published image is making a new picture effortlessly.
Re-photographing a
previously available picture is making a de-referentialized
picture.
Making a less de-referentialized picture has the possibility
of making connection with more than one person.
Re-photographed pictures
that have been previously available to the public are,
in effect, 'ordained', and weight significantly more
than the spiritual displacement they sometimes suggest.
[---]
richard prince
11 CHE RAPPORTO C'È
TRA PRIVACY E COMUNICAZIONE PER UN ARTISTA CHE LAVORA IN ISOLAMENTO
E ATTRAVERSO UN PORTALE WEB? CHE FORMA PUÒ ASSUMERE UN DIALOGO
QUI? CHE SPAZIO PUBBLICO DI CONFRONTO VI È?
in genere sono diffidente nei confronti
di chi esterna fatti privati in rete, soprattutto quando manca sistematicamente
di stile o quando tali esternazioni diventano un mero sfogo e non
sono parte di un progetto creativo più ampio e determinato.
la maggior parte di chi scrive in rete lo fa per marcato egocentrismo
o per solitudine.
è difficile anche per me capire se tracciamenti non sia in
fondo uno strumento di esibizione più che di comunicazione.
si finisce spesso per fare di un sito il proprio museo personale.
di fatto in cinque anni ha attivato un numero esiguo di scambi o
contatti.
in ogni caso la tentazione di esternare ogni minimo sfogo e di metterlo
online è forte anche per me. inizialmente avevo aperto alcuni
blog dove trascrivevo parte delle mie note quotidiane, poi li ho
chiusi, annoiata dal voyeurismo un po' sterile di chi mi leggeva.
è giusto uscire dalla
dimensione autobiografica? è possibile?
l'intero mio percorso può
venir ricondotto a una dimensione diaristica e questo rende problematico
il confronto con l'esterno, ma soprattutto relativizza il valore
del prodotto artistico.
dato che non ho nessuna intenzione di entrare a far parte di quella
massa di raccontatori scadenti di sè che affolla il web,
ho preferito limitare di molto la pubblicazione del materiale, lasciando
spazio in rete quasi solo per le sperimentazioni grafiche più
riuscite, che peraltro non hanno prodotto sinora alcun confronto
significativo, ma solo molti complimenti [che apprezzo e di cui
ringrazio, ma che non mi aiutano a progredire].
12 IN ALTRE PAROLE,
COS'È LA LIBERTÀ DELLA COMUNICAZIONE:
AVERE LA POSSIBILITÀ DI CONFEZIONARE UN MESSAGGIO INDISTURBATI
E INVIARLO?
AVERE LA POSSIBILITÀ DI RICEVERLO IN PRIVÈ?
O INSTAURARE UN DIALOGO CHE DIA SENSO ALLA PAROLA LIBERTÀ
COME UNA COSA COMUNITARIA?
1
[---]
2
ora come ora mi viene da dire che non esiste libertà di comunicazione.
dovrebbe invece essere possibile - ed è quello che cerco
fortemente nei rapporti epistolari o negli scambi online - un rigore
formativo, che costringa il messaggio ad attendere il suo momento,
a decantare e comprovare la sua condizione di necessità.
la libertà è un obiettivo
che passa attraverso una coscienza [singola o collettiva] ben lontana
dall'essere raggiunta, od anche solo perseguita nella maggioranza
dei casi.
la nostra attuale è una condizione in cui vengono perseguite
costantemente licenze culturali ed estetiche, ma al contempo è
una condizione di totale assenza di libertà.
[+]271105
1356
solo poche righe per fissare alcune considerazioni, non proprio
corrispondenti a una tua specifica domanda, in merito al lavoro
non finito, ed alla mia inclinazione ad esprimere un rifiuto della
crescita attraverso l'interesse per particolari tecniche espressive,
quali il disegno [più propriamente lo schizzo] o l'uso di
supporti precari come il cartone da imballaggio o la carte di recupero
invecchiata e ingiallita; tecniche che riflettono l'incapacità
di affrontare e considerare il lavoro creativo come un processo
che trova un momento conclusivo, o di superamento.
gli unici quadri che possono considerarsi un'eccezione rispetto
a questa tendenza personale sono quelli presentati a simbach nell'estate
2003, vale a dire le cassette con il vetro coperto di bolli colorati:
si tratta di un lavoro la cui realizzazione mi ha tenuta impegnata
per vari mesi e che ha rivelato una determinazione a superare ogni
ostacolo di natura tecnica [ed anche finanziaria] per venire a capo
dell'opera.
[x]in tale contesto di non crescita [che si traduce in non finitezza
dei lavori], il web assume il ruolo rassicurante di un non luogo
in cui tutto è precario ed effimero per definizione, ma paradossalmente
anche di un museo capace di conferire maggiore solidità e
definizione a lavori che solidi e definiti non sono per nulla.
prendi per esempio i piccoli libri che pubblico saltuariamente sulla
home page: partono da disegni reali, semplici schizzi su carta da
fotocopie, ma li inglobano illusoriamente in un contesto di completezza,
li trascinano nell'immagine del libro, deformandone così
non solo la natura, ma anche il senso. Si tratta di progetti che
poggiano sul nulla…
non credo di aver mai voluto
uscire del tutto da questa dimensione del non finito, anzi, l'ho
perseguita con costanza attraverso gli anni, probabilmente per una
affinità con la dimensione diaristica di narrazione frugale
e quotidiana, che mi interessa più di altre e che traduce
la mia necessità di lavorare in un privato protettivo e isolato,
senza dovermi confrontare traumaticamente con l'esterno e con la
crescita.
SCORIE
la disciplina si applica ascoltando
le variazioni impercettibili del segno, le sue incertezze, gli errori.
anche il caso ha un ruolo importante. è la fortuita capacità
di mettere in contatto dentro e fuori, la tensione e lo strumento.
non è qualche cosa di romantico. ma un costante tentativo
di svuotamento e di messa in discussione
non amo i miei disegni ma non li
so distruggere. me ne separo con difficoltà. fino a quando
non sarò in grado di distaccarmi dal mio lavoro, di sdrammatizzarlo,
non ci sarà una crescita reale. il momento del distacco è
delicato. come una nascita.
SUPERAMENTO
rimanere senza quello che c'era prima?
riuscire a intravvedere nuove possibilità