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1
COSA C'È DI AUTOBIOGRAFICO NEL LAVORARE SUL CORPO?
È IL CORPO TUO O IL RAPPORTO DEL TUO CORPO CON GLI ALTRI?

2
COS'È L'IMMAGINE DEL CORPO PER TE?
È SOLO UN SEGNO O SI PORTA DIETRO UNA PRESENZA CHE DA UN PESO, UN IMPORTANZA PARTICOLARE AL LAVORO SUL CORPO RISPETTO AL LAVORO SU ALTRI SOGGETTI?

3
COME PARLA IL CORPO DELL'IDENTITÀ SESSUALE?
E COME PARLA L'ARTE CHE TRATTA IL CORPO DELL'IDENTITÀ SESSUALE?
QUANTO C'È DI ESPERIENZA PERSONALE QUI E QUANTO C'È DI UNA COSCIENZA DI UNA CONDIZIONE PIÙ COLLETTIVA DEI SESSI?

4
CHE RAPPORTO VEDI TRA DISEGNO E EDITING DIGITALE DEI CORPI?

5
COS'È LA GRAFICA IN RAPPORTO ALL'ARTE PER TE?
C'È DIFFERENZA TRA LE DUE?

6
CHE COS'È LA DECORAZIONE PER TE?
PUÒ LA DECORAZIONE ESSERE NECESSARIA E NON SOLO ACCESSORIA?
VEDO DUE LINEE: UNA RIGOROSA-MINIMALE E UNA RICCA DI SOVRAPPOSIZIONI NEI TUOI LAVORI...VOLEVO CAPIRNE DI PIÙ

7
QUANDO HAI COMINCIATO A DISEGNARE SILHOUETTE E CHE COSA C'È NEL VUOTO CHE VI È IN CENTRO?

8
LE FIGURE DEI TUOI DISEGNI SONO SOLE O SONO INSIEME A QUALCUNO?
IN ALTRE PAROLE, SENTI DI POTERE RAPPRESENTARE UN DIALOGO O UN RAPPORTO?

9
COSA VUOL DIRE ESSERE DONNA PER IL TUO LAVORO? C'È UNA CONDIZIONE/SENSIBILITÀ/IDENTITÀ FEMMINILE SECONDO TE CHE SI ESPRIME NELL'ARTE? SE SÌ, DOVE RISIEDE?

10
COSA SIGNIFICA MANIPOLARE O RITAGLIARE IMMAGINI DI CORPI? HA UN SIGNIFICATO
DI LIBERTÀ DI DEFINIZIONE DEL PROPRIO CORPO O PUÒ FORSE IMPLICARE UN
MANIPOLARE CORPI ALTRUI?

11
CHE RAPPORTO C'È TRA PRIVACY E COMUNICAZIONE PER UN ARTISTA CHE LAVORA IN ISOLAMENTO E ATTRAVERSO UN PORTALE WEB? CHE FORMA PUÒ ASSUMERE UN DIALOGO QUI? CHE SPAZIO PUBBLICO DI CONFRONTO VI È?

12
(IN ALTRE PAROLE: COS'È LA LIBERTÀ DELLA COMUNICAZIONE? AVERE LA POSSIBILITÀ DI CONFEZIONARE UN MESSAGGIO INDISTURBATI E INVIARLO? AVERE LA POSSIBILITÀ DI RICEVERLO IN PRIVÈ? O INSTAURARE UN DIALOGO CHE DIA SENSO ALLA PAROLA LIBERTÀ COME UNA COSA COMUNITARIA?)

 
[lettera - 2004]
 

1
COSA C'È DI AUTOBIOGRAFICO NEL LAVORARE SUL CORPO?
È IL CORPO TUO O IL RAPPORTO DEL TUO CORPO CON GLI ALTRI?


2
COS'È L'IMMAGINE DEL CORPO PER TE?
È SOLO UN SEGNO O SI PORTA DIETRO UNA PRESENZA CHE DA UN PESO, UN IMPORTANZA PARTICOLARE AL LAVORO SUL CORPO RISPETTO AL LAVORO SU ALTRI SOGGETTI?

221105
noi siamo corpo, più di ogni altra cosa.
la società è fondata sull'idea di pudore, di vergogna corporale, e sulla continua effrazione di questa morale del corpo. i nostri abiti sono amorali [perchè istigano alla vanità più che alla funzionalità ed all'eleganza]. analogamente i cibi. i profumi. gli involucri e gli ornamenti.

il corpo è il supporto del racconto - il corpo è il racconto: traduce/veicola/incarna riflessioni ed esperienze.
è mio, quale estensione di ciò che non posso diventare, dividere né compartire.
incarnazione fisica del non fisico.


mi domando spesso se sono spettacolari le sue[mie?] protesi [textures, superfetazioni, deformità], perchè in me non c'è intento spettacolarizzante [o così vorrei].
ma come sai è ben raro che il risultato corrisponda alle intenzioni



021205 il tema del corpo si intreccia frequentemente con un'altra ossessione, meno di superficie, legata all'idea di permanenza, di sospensione temporale. il disegno deve sollevarsi al di sopra del tempo presente, cavalcarlo e contemporaneamente escluderlo, per recuperare gli estremi del già vissuto, e creare una sorta di arresto, una cronologia inceppata dove gli stadi della crescita si sommano senza escludersi e il corpo porta le tracce di ogni tappa senza disperderle e cancellarle.
è la mia ossessione nei confronti dell'immortalità, la paura di ogni passaggio temporale, legata a quella più estrema della fine.
per i lavori uso spesso carte che sono state lasciate invecchiare per anni, ingiallendo e raccogliendo l'odore del tempo, oppure fogli che trovo per strada, o macchiati, o che altri abbandonano. mi interessa che il supporto faccia parte il più possibile di questo meccanismo del tutto illusorio di conservazione del tempo e di recupero quasi feticista del già vissuto [meglio se vissuto da altri, per un senso irrazionale di intimità e vicinanza].

a dispetto di tale gioco di permanenze chiedo [ma non so con quanta efficacia] al disegno di essere contemporaneo, e di non tradire mai il tempo in cui si forma


fotoelaborazione 2001

 

 

 

 

 

 


disegno 2003

 

 

 

 

 


diario 2003

3
COME PARLA IL CORPO DELL'IDENTITÀ SESSUALE?
E COME PARLA L'ARTE CHE TRATTA IL CORPO DELL'IDENTITÀ SESSUALE?
QUANTO C'È DI ESPERIENZA PERSONALE QUI E QUANTO C'È DI UNA COSCIENZA DI UNA CONDIZIONE PIÙ COLLETTIVA DEI SESSI?

il corpo trasmette un'identità sessuale [ma anche la sua perdita], e trasporta su di sé le incertezze di tale identità. è un corpo che spesso non si distingue dai suoi accessori [penso per esempio ai piccoli monili che non sfilo mai, di cui mi dimentico, come l'anello d'argento all'anulare del piede destro].
forse si tratta di un corpo di scarsa coscienza, per questa assenza di un confine chiaro tra dentro e fuori, tra proprio ed estraneo.
esiste poi l'elemento infantile, ambiguo per eccellenza, non ancora formato o solo parzialmente formato, che trasciniamo con noi spesso inconsapevolmente.


il corpo a volte è malato, o violato, ed il confine tra cura e tortura è sottile. si rivela la relazione instabile tra corpo ed organismo, il margine tra dentro e fuori, tra estetica e funzionalità.
i disegni assumono il ruolo di radiografie, il corpo diventa trasparente e risaltano masse e reticoli che lo attraversano. non è definito il margine tra organi vitali e superfetazioni maligne.
per curare vengono messe a nudo le proprie fragilità, si indaga ogni orifizio e si trasporta l'interno all'esterno, attraverso telecamere e monitor. lo strumento di indagine è di fatto uno strumento di violazione, che ci impone di mettere da parte alcuni pregiudizi e il senso del pudore.

anche in questo caso il rischio è di andare incontro a un perverso gioco di spettacolarizzazione. e la malattia diventa uno strumento per stupire, per catturare l'attenzione. a volte l'arte si muove a cavallo del limite oltre il quale un'immagine forte diventa triviale. guarda per esempio la fotografia di sarah morris qui a destra: è molto difficile stabilire il confine tra tendenziosità, invenzione, denuncia. questo è il lato interessante ed allo stesso tempo pericoloso dell'immagine [la sua ambiguità fa si ci attragga e ci infastidisca simultaneamente], che a seconda del contesto potrebbe assumere connotazioni diverse.
tale fragilità contestuale mi rende scettica rispetto all'effettiva durata culturale di un progetto artistico.
... arte usa e getta?


291105
l'anno scorso un'amica mi spedì alcune immagini degli acquarelli di barthélémy toguo : mi ha colpito molto l'uso dell'acquarello, assai più scabro e rustico rispetto ai riferimenti che avevo considerato in precedenza [dumas, peyton] e poi un trattamento del corpo arcaico, sollevato dall'idea di tempo.

le sue sagome sono sanguigne, meno lievi delle mie, e mi hanno colpito per il loro valore arcaico e per l'essenzialità della rappresentazione.

molti degli elementi che ricorrono nei suoi disegni sono analoghi ad alcuni inclusi da tempo nei miei lavori, nonostante la lontananza dello stile reciproco. questo ha reso l'osservazione interessante, una specie di controcanto




hannah wilke 1992 sarah morris 2004

 

 

 

 

 

 

barthélémy toguo

 

disegno 2005 [det]
disegno 2004 [det]

4
CHE RAPPORTO VEDI TRA DISEGNO E EDITING DIGITALE DEI CORPI?

221105 il segno a matita è intimo, nudo, incorreggibile.
non ammette repliche.
è un prolungamento della mano. è segno fisico. nasce senza preavviso ma richiede ordine, rigore, silenzio.

231105 il disegno è fisico.
lavorare al computer implica distacco e meno pathos.
questo può essere un aspetto positivo, il computer rappresenta un complemento al gesto più diretto della matita sulla carta.
ma il computer è pericoloso proprio perché non consente di porre facilmente un limite all'abbellimento.
il lavoro rischia di divenire futile.

ho scoperto di recente che è possibile mescolare le due tecniche [segno a mano libera e computer], non nel tentativo di abbellire, quanto per operare in maniera più logica, lasciando i debiti spazi per ogni tipo di strumento. per esempio, l'uso dei testi o di particolari textures non potrebbe essere di eguale effetto se realizzato manualmente, oppure implicherebbe un uso di tempo sproporzionato quanto inutile.
non credo che si debbano nutrire pregiudizi nei confronti di alcuno strumento.
ritengo inoltre che il computer sia l'erede di altri mezzi grafici che facevano riferimento all'idea di multiplo.


241105 la nostra per molti aspetti è senz'altro l'era dell'inconsistente. l'uso del computer legittima il prodotto inconsistente, che esiste solo come proiezione di particelle lumiose all'interno del monitor...

molto di ciò che viene proposto dal mondo dell'arte e della comunicazione mi irrita e mi tiene a distanza a causa di una sconcertante assenza di autenticità, di rapporto con il mondo reale [quello dove vive la gente comune].
sono lavori che allontanano dal vero e sospingono o trattengono nella sfera patinata e anemica, INODORE, delle immagini.

l'odore è un senso trascurato, mentre conserva più di altri sensi il legame con la realtà.
[...cercate un po' di incorniciare un profumo! - DERRIDA]

...ricordi la performance di marina abramovic alla biennale del '97, quando puliva un mucchio di ossa con una spazzola all'interno di un piccolo spazio? a quel tempo lavoravo in un padiglione e non mi fu possibile assistere in diretta alla sua rappresentazione, ma ciò che mi rimase ben impresso, degli innumerevoli racconti dei visitatori, fu proprio l'incisività dell'odore che sprigionava dal mucchio di ossa e impregnava l'aria: mi parve la cosa più significativa dell'intero progetto, ciò che lo distingueva dalla massa di opere senza vita.


il web consente inoltre una simulazione continua, è il territorio dell'illusione legittimata e della finitezza apparente. ne parlo sinteticamente in seguito ---> [x]

 

 

 

siamo dunque nel mondo della futilità assoluta, che è pesantissima, assai più di tutte le cose pesanti, che è il peso stesso, anche quando cerchi di adornarsi, come con pezzi archeologici scavati qua e là, di residui della memoria successiva, di frammenti di immagini sovrapposte, di allusioni, simiglianze, assonanze e grida da furba e bassa o pedantesca letteratura. questa è dunque l'austera assoluta impudica svergognata innocente, nulla facente tutto facente, covante, grigia spiaggia della assoluta Futilità.

carlo levi - quaderno a cancelli

 

 

 

 

 

 

 


c-prints 2004



 

5
COS'È LA GRAFICA IN RAPPORTO ALL'ARTE PER TE?
C'È DIFFERENZA TRA LE DUE?

281105
parlare del lavoro al computer sposta immediatamente l'attenzione sulla delicata definizione del ruolo della decorazione all'interno di un progetto grafico o artistico.

la differenza tra arte e grafica non è secondo me di natura prettamente decorativa. si tratta piuttosto di una diversa gestione e ottimizzazione del concetto di equilibrio.
se è vero che entrambe si basano sulla comunicazione, mi pare però che la grafica persegua un equilibrio estetico rigoroso e definito, mentre al contrario, l'arte si orienta verso forme di squilibrio più o meno marcate, persegue la vertigine e la perdita dell'orientamento.
l'arte [posto che esista ancora] crea o dovrebbe creare interrogativi, dubbi e vuoti di comprensione, e non fornire risposte o soluzioni. guidare lo sguardo al di là di una visione precostituita generando in questo modo tensioni di diversa natura ed entità.

attualmente è in corso una avvilente svalutazione di entrambi i settori [grafica e arte], che prevede l'adattamento a un profilo medio, con risultati vuoti di ogni riferimento culturale, per lasciare spazio alla mera spettacolarizzazione.


[---]
abbiamo ottenuto la democratizzazione dell'arte e della cultura o la loro annessione a un mondo senza profilo?

hal foster - design & crime

 

agenda smemoranda 2006 - zetalab

6
CHE COS'È LA DECORAZIONE PER TE?
PUÒ LA DECORAZIONE ESSERE NECESSARIA E NON SOLO ACCESSORIA?
VEDO DUE LINEE: UNA RIGOROSA-MINIMALE E UNA RICCA DI SOVRAPPOSIZIONI NEI TUOI LAVORI...VOLEVO CAPIRNE DI PIÙ

ed ecco lo spinoso problema di dare una definizione, ma soprattutto una legittimazione, all'atto decorativo come parte integrante e necessaria di un progetto. se ricordi ti posi la stessa domanda tempo addietro in merito all'architettura.
si tratta di pelle o abito, tatuaggio o cosmesi?
e ancora, qual'è la valenza di queste diverse soluzioni che in qualche modo hanno a che fare con l'idea di ornamento e decorazione?
come vedi a volte capita di rispondere alle domande con altre domande, mettendo a fuoco il problema ma non trovando di fatto risposte possibili che non siano quelle legate a un particolare istinto, capace di guidarmi attraverso scelte che non sono mai meramente estetiche e nemmeno solo di contenuto.

è un intreccio spesso insondabile quello che lega uno slancio alla sua forma, anche se hai scritto bene circa il fatto di intravvedere due possibili strade, una più scabra e l'altra maggiormente variata ed in qualche misura esuberante dal punto di vista grafico.

in verità quasi tutte le mie decorazioni [se così vogliamo definirle] sono generate dalla ripetizione di un elemento e dalla sua variazione fino alla produzione di texture. soprattutto nei lavori al computer più datati queste textures erano l'elemento trainante dell'intero lavoro. anzi, il gioco consisteva proprio nel mettere alla prova un soggetto iniziale, frammentandolo e disperdendolo in una parcellizzazione infinita.

nelle figure più recenti la texture equivale a un vuoto grafico, mi pare che abbia la stessa valenza di una campitura piana ma sottolineata attraverso un elemento di paradosso: la texture è l'abito che diventa tatuaggio ma che non altera di fatto una situazione di immobilità e di alienazione dei soggetti. sono figure prive di vanità, ed a mio parere la decorazione di superficie non fa che accentuare la loro fragilità estetica, le loro deformità o una vecchiezza che si rivela nei dettagli del corpo.

 

c-print 2004

 

 

 

 

fotoelaborazione 2001

7
QUANDO HAI COMINCIATO A DISEGNARE SILHOUETTE E CHE COSA C'È NEL VUOTO CHE VI È IN CENTRO?

nel tempo le figure si sono appiattite su se stesse, riducendosi a sagome. il lavoro da descrittivo si è fatto maggiormente evocativo, ma non so dirti se sia conseguenza di una crescita o di un progressivo irrigidimento interiore che ha contagiato sia la visione che l'espressione.

mi sono aggrappata ad alcune figure, ripetendole all'infinito, riciclandole, riesumandole, in un pigro delirio dal quale non so uscire. non mi sento di contrastare questa condizione espressiva, perchè lo sfogo ha il diritto di essere maniacale e fuori misura, altrimenti perde la sua forza.

 

8
LE FIGURE DEI TUOI DISEGNI SONO SOLE O SONO INSIEME A QUALCUNO?
IN ALTRE PAROLE, SENTI DI POTERE RAPPRESENTARE UN DIALOGO O UN RAPPORTO?

sabato. settembre 20. 2003

1.38 pm - la figura è ciò che si intravvede, oltre l'orizzonte precario del lavoro, oltre le parole, sopra i suoni. la figura si sfaccetta e si sfilaccia, come una stoffa, come un vetro rotto. ha frammenti, residui, scorie e schegge. è una figura indaffarata e aliena, che scappa da se stessa in un moto di narcisismo irrisolto o si siede a pensare vorticosamente.
si appoggia su superfici irrilevanti, antiestetiche e varie. senza coerenza.
la figura
non parla ma suona strumenti.
possiede attributi umani ma non è - propriamente - umana.
si rivolge altrove, difficilmente guarda dentro l'obiettivo e lo sfida.
mi domando chi lo comanda e lo gestisce questo gioco, in cui la matita obbedisce a leggi imperscrutabili. i segni scappano via, sgusciano dai polpastrelli, dai polsi e dal moto delle spalle. a volte li sento uscire dalla bocca, come un respiro affannoso.
sono davvero i segni dell'anima? oppure vengono dai rotocalchi, dal passato altrui, dal monitor quasi sempre acceso? sono segni che mi lasciano senza fiato, stanca, pronta a rilasciarmi sul materasso senza nemmeno togliermi i vestiti. con addosso una vuotezza familiare, di chi si è già liberato di una parte di sé durante il giorno, durante le ore faticose e avvincenti in cui a radio spenta dialogo con la superficie eclettica che mi fronteggia, con i suoi colori, le sue trame, la granulosità che seduce i polpastrelli e che accoglie la grafite e l'inchiostro.
è un'alchimia, anche questa inconsapevole, istintiva, faticosa come gli errori e le imprudenze che hanno sempre un prezzo. un'alchimia che sovrasta le parole e che una volta ancora mi induce al silenzio.


le figure non parlano, ma a volte tra loro si sviluppano tensioni forti, isteriche. spesso si tratta di monconi di figure e la loro comunicazione è alterata/complicata/impossibilitata da queste mutilazioni, che sono anche espressione del non finito, del precario, del non ancora sviluppato e non autonomo.

[+]

difficilmente oltre il foglio può succedere qualcosa. l'immaginazione si muove dentro al disegno, ma non oltrepassa i suoi confini.
è un'evocazione chiusa su se stessa.

 

[---] io non penso che l'impotenza sia stata coltivata in passato. sembra che vi sia una sorta di assioma estetico che dice che l'espressione è un compimento, deve essere un compimento. per me, ciò che io mi sforzo di esplorare è tutta questa zona dell'essere che è sempre stata trascurata dagli artisti come qualche cosa d'inutilizzabile o, per definizione, di incompatibile con l'arte. io penso che oggi ogni persona che presti la più lieve attenzione alla sua personale esperienza si renda conto che è l'esperienza di qualcuno che non sa, di qualcuno che non può. l'altro tipo di artista, l'apollineo, mi è assolutamente estraneo [---]

samuel beckett

 

 

 

tecnica mista 2005


 

9
COSA VUOL DIRE ESSERE DONNA PER IL TUO LAVORO?
C'È UNA CONDIZIONE/SENSIBILITÀ/IDENTITÀ FEMMINILE SECONDO TE CHE SI ESPRIME NELL'ARTE? SE SÌ, DOVE RISIEDE?

essere donna è una condizione reale.
non ritengo che la nostra società sia ancora giunta a un equilibrio tra i due sessi: è davvero molto difficile formare meccanismi socio-culturali che siano realmente paritari. immagino di essere cresciuta radicando alcuni limiti [dovuti alla mia condizione di donna] senza quasi accorgermene, evitando per questo di metterli in discussione.

il mio è di fatto un lavoro su di me e perciò parte necessariamente da una condizione di genere. a volte ne opera un ribaltamento, probabilmente sulla base delle mie ambiguità caratteriali e comportamentali. ma mi piace pensare che l'osservatore non sia in grado di distinguere --- e che il lavoro finale sia in certo modo asessuato [sessualmente imperscrutabile].


non mi sento di esprimere una condizione collettiva. parlo di ciò di cui mi faccio carico direttamente [è un mio limite].
lo sguardo è un ricettore di responsabilità

sono ciò che vedo, ma lo sono individualmente

 


disegno 2004



disegno 2005

10
COSA SIGNIFICA MANIPOLARE O RITAGLIARE IMMAGINI DI CORPI?
HA UN SIGNIFICATO DI LIBERTÀ DI DEFINIZIONE DEL PROPRIO CORPO O PUÒ FORSE IMPLICARE UN MANIPOLARE CORPI ALTRUI?

manipolatrice di immagini
l'idea di usare immagini non mie, o di rifotografarle, fa riferimento a un altro tipo di gioco: mi annullo nel lavoro altrui. esco da me e dal mio riflesso. divento parte del costante e ridondante flusso di immagini che mi circonda. uso il flusso di immgini. oppure mi metto a sua disposizione, dispiegandone nuove possibilità.


un'altra ragione per cui ho cominciato a lavorare a immagini di altri, sostanzialmente foto di moda, è sondare il margine impercettibile oltre il quale il bello diventa terribile. mi divertivo a deformare volti perfetti attraverso minime variazioni. od a comporre elementi singolarmente attraenti per ottenere un risultato abberrato.

081205 recentemente sono capitata per puro caso nel sito di una galleria americana che esponeva lavori di richard prince.
tramite le informazioni scoprii che l'artista ha un bel sito personale, graficamente valido e ricco di documentazione, dove ho potuto trovare del materiale interessante in merito al rifotografare le fotografie, cosa che prince fa da molti anni.

non mi fa sentire sminuita il fatto di sapere che qualcuno prima di me abbia già percorso una data strada [oltretutto sai bene che non intendo il processo creativo come unicamente o primariamente finalizzato all'esibizione in gallerie od al mercato]. personalmente sono arrivata alla fotografia di fotografie [e di film] in maniera spontanea, giocando con la macchina fotografica digitale, e rendendomi conto di come le immagini in questo modo assumessero una nuova identità, rendendo reale la realtà rappresentata [come trovarsi su di un set cinematografico o di moda].
non si tratta dunque un mero supporto personale per la memoria, ma di un riappropriarsi delle immagini, a volte in maniera del tutto compulsiva [almeno per ciò che mi riguarda]. è una forma quasi maniacale di protagonismo [e per questo vicina al suo contrario, l'annullamento] e contemporaneamente un negare l'evidenza dell'immagine ricacciandola forzatamente in una nuova realtà, restituendole una profondità fisica che aveva perduto, attraverso un'operazione di decontestualizzazione che è in realta una ricontestualizzazione.
il lavoro svolto negli anni con la macchina digitale ha sicuramente a che fare con la mia concezione del computer e delle sue potenzialità. le POPs [pics of pics, come le ho definite] sono state e sono tuttora un prodotto cui dedico attenzione, un gioco che traduce il morboso legame con le immagini dei miei anni recenti, e la necessità di trovare un controllo che passi attraverso un filtro personale ma che allo stesso tempo mantenga un legame forte con un contesto estraneo, con un'origine esogena.
esiste poi un altro aspetto che prince sottolinea e che trovo davvero interessante, vale a dire il fatto che in qualche modo, utilizzando immagini prelevate da riviste, fotografo un multiplo e partecipo a una visione collettiva e a un particolare processo di rifrazione e frammentazione.





c-print 2003

 

 

 

[---] by cropping and taking a photograph from an already existing picture, you're in a sense fragmenting the real and attempting to add on, or 'annex' it to something more real. [---]
--------------------------------------------------------------------
[---] The material I appropriate is available to anyone who cares to use it. The fact that the material has possibly been observed or unconsciously collected by person's other than myself, in effect defines its desires and threats. It's this 'prior availability' that verifies the fictional transformation and helps cool down any reference to an observable reality. [---]
--------------------------------------------------------------------
[---] Photographing or re-photographing photographs is reckless
Film has a natural ability to appropriate and pirate.

Published pictures are available to anyone who cares to use them and re-photographing a published image is making a new picture effortlessly.

Re-photographing a previously available picture is making a de-referentialized picture.
Making a less de-referentialized picture has the possibility of making connection with more than one person.

Re-photographed pictures that have been previously available to the public are, in effect, 'ordained', and weight significantly more than the spiritual displacement they sometimes suggest. [---]

richard prince

 

 

 

11
CHE RAPPORTO C'È TRA PRIVACY E COMUNICAZIONE PER UN ARTISTA CHE LAVORA IN ISOLAMENTO E ATTRAVERSO UN PORTALE WEB? CHE FORMA PUÒ ASSUMERE UN DIALOGO QUI? CHE SPAZIO PUBBLICO DI CONFRONTO VI È?

in genere sono diffidente nei confronti di chi esterna fatti privati in rete, soprattutto quando manca sistematicamente di stile o quando tali esternazioni diventano un mero sfogo e non sono parte di un progetto creativo più ampio e determinato.
la maggior parte di chi scrive in rete lo fa per marcato egocentrismo o per solitudine.
è difficile anche per me capire se tracciamenti non sia in fondo uno strumento di esibizione più che di comunicazione. si finisce spesso per fare di un sito il proprio museo personale. di fatto in cinque anni ha attivato un numero esiguo di scambi o contatti.
in ogni caso la tentazione di esternare ogni minimo sfogo e di metterlo online è forte anche per me. inizialmente avevo aperto alcuni blog dove trascrivevo parte delle mie note quotidiane, poi li ho chiusi, annoiata dal voyeurismo un po' sterile di chi mi leggeva.

è giusto uscire dalla dimensione autobiografica? è possibile?

l'intero mio percorso può venir ricondotto a una dimensione diaristica e questo rende problematico il confronto con l'esterno, ma soprattutto relativizza il valore del prodotto artistico.
dato che non ho nessuna intenzione di entrare a far parte di quella massa di raccontatori scadenti di sè che affolla il web, ho preferito limitare di molto la pubblicazione del materiale, lasciando spazio in rete quasi solo per le sperimentazioni grafiche più riuscite, che peraltro non hanno prodotto sinora alcun confronto significativo, ma solo molti complimenti [che apprezzo e di cui ringrazio, ma che non mi aiutano a progredire].

12
IN ALTRE PAROLE, COS'È LA LIBERTÀ DELLA COMUNICAZIONE:
AVERE LA POSSIBILITÀ DI CONFEZIONARE UN MESSAGGIO INDISTURBATI E INVIARLO?
AVERE LA POSSIBILITÀ DI RICEVERLO IN PRIVÈ?
O INSTAURARE UN DIALOGO CHE DIA SENSO ALLA PAROLA LIBERTÀ COME UNA COSA COMUNITARIA?

1
[---]

2
ora come ora mi viene da dire che non esiste libertà di comunicazione. dovrebbe invece essere possibile - ed è quello che cerco fortemente nei rapporti epistolari o negli scambi online - un rigore formativo, che costringa il messaggio ad attendere il suo momento, a decantare e comprovare la sua condizione di necessità.

la libertà è un obiettivo che passa attraverso una coscienza [singola o collettiva] ben lontana dall'essere raggiunta, od anche solo perseguita nella maggioranza dei casi.
la nostra attuale è una condizione in cui vengono perseguite costantemente licenze culturali ed estetiche, ma al contempo è una condizione di totale assenza di libertà.


 
 

[+]271105 1356
solo poche righe per fissare alcune considerazioni, non proprio corrispondenti a una tua specifica domanda, in merito al lavoro non finito, ed alla mia inclinazione ad esprimere un rifiuto della crescita attraverso l'interesse per particolari tecniche espressive, quali il disegno [più propriamente lo schizzo] o l'uso di supporti precari come il cartone da imballaggio o la carte di recupero invecchiata e ingiallita; tecniche che riflettono l'incapacità di affrontare e considerare il lavoro creativo come un processo che trova un momento conclusivo, o di superamento.
gli unici quadri che possono considerarsi un'eccezione rispetto a questa tendenza personale sono quelli presentati a simbach nell'estate 2003, vale a dire le cassette con il vetro coperto di bolli colorati: si tratta di un lavoro la cui realizzazione mi ha tenuta impegnata per vari mesi e che ha rivelato una determinazione a superare ogni ostacolo di natura tecnica [ed anche finanziaria] per venire a capo dell'opera.

[x] in tale contesto di non crescita [che si traduce in non finitezza dei lavori], il web assume il ruolo rassicurante di un non luogo in cui tutto è precario ed effimero per definizione, ma paradossalmente anche di un museo capace di conferire maggiore solidità e definizione a lavori che solidi e definiti non sono per nulla.
prendi per esempio i piccoli libri che pubblico saltuariamente sulla home page: partono da disegni reali, semplici schizzi su carta da fotocopie, ma li inglobano illusoriamente in un contesto di completezza, li trascinano nell'immagine del libro, deformandone così non solo la natura, ma anche il senso. Si tratta di progetti che poggiano sul nulla…

non credo di aver mai voluto uscire del tutto da questa dimensione del non finito, anzi, l'ho perseguita con costanza attraverso gli anni, probabilmente per una affinità con la dimensione diaristica di narrazione frugale e quotidiana, che mi interessa più di altre e che traduce la mia necessità di lavorare in un privato protettivo e isolato, senza dovermi confrontare traumaticamente con l'esterno e con la crescita.

SCORIE

la disciplina si applica ascoltando le variazioni impercettibili del segno, le sue incertezze, gli errori. anche il caso ha un ruolo importante. è la fortuita capacità di mettere in contatto dentro e fuori, la tensione e lo strumento.
non è qualche cosa di romantico. ma un costante tentativo di svuotamento e di messa in discussione

non amo i miei disegni ma non li so distruggere. me ne separo con difficoltà. fino a quando non sarò in grado di distaccarmi dal mio lavoro, di sdrammatizzarlo, non ci sarà una crescita reale. il momento del distacco è delicato. come una nascita.

SUPERAMENTO
rimanere senza quello che c'era prima?
riuscire a intravvedere nuove possibilità

 



pop book 2005--

 

  081205 - 2333