ho sempre pensato che il valore della ricerca visiva risieda o dovrebbe risiedere soprattutto nella capacità di sviluppare altro, nelle possibilità rivelate di trovare piacere e crescita non dentro l’opera stessa ma piuttosto a partire da questa, muovendosi verso situazioni che se ne distaccano o che pongono in secondo piano la questione estetica

tempo fa ho scritto sinteticamente di questa mostra di fotografie, dove l’intera parete del visionario era stata coperta da cartelli bianchi in legno e cartone su cui erano incollate trecento immagini scattate da claudia barberi nel corso degli anni

come preannunciato, nel giorno della chiusura è stato possibile ritirare la foto preferita, ed ero curiosa di osservare da vicino la situazione / grandi e piccini brulicavano attorno al muro osservando e discutendo, coppie sceglievano animatamente la foto per il salotto e quella per la camera da letto, ripensamenti titubanze  e tutto uno sbandieramento di paletti e cartelli come si trattasse di una giocosa manifestazione
l’effetto è stato davvero piacevole, divertente, molto insolito
ogni acquisizione, documentata in diretta da una foto digitale, troverà presto spazio sul sito dell’artista

ecco dunque che la mostra vive il suo massimo proprio nel momento in cui dovrebbe spegnersi e l’opera non è più oggetto commerciale ma veicola altre forme di ricchezza, diventa dono e occasione di scambio, di aggregazione e di azione collettiva /

come non essere riconoscenti?

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ho scelto l’immagine di una bottiglia di vetro che proietta una lunga ombra a forma di figurina
sembra un bianco e nero ma non è bianco e nero…

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