anodino
soffione

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attraversando la città per raggiungere la piazza osservo che i negozi sono quasi tutti aperti, persino le pescherie, i grossisti di detersivi, le profumerie …
che fine hanno fatto le feste nazionali? quando le città risplendevano metafisicamente ripudiando il commercio blasfemo nelle ricorrenze e si potevano cogliere i suoni vivi ed osservare il mondo della festa / quando anche gli operai e i commessi indossavano un vestito buono e uscivano per prendere un caffè al bar o per la messa / dove sono le piazze gremite del 25 aprile?
quest’anno più del solito la celebrazione della liberazione dal nazi-fascismo ha toccato in me corde profonde / per una serie di contingenze personali, ma anche perché, a guardarmi intorno, nell’immediato circondario che soffoca il mio personale irrequieto perimetro, osservo facce indifferenti, resilienti, che hanno smarrito il concetto di autentica resistenza /
la mia figlioccia si arrende serena – rinuncia aprioristicamente allo sciopero e alla protesta / così come tanti altri studenti della sua età e lavoratori della mia, abituati a un’esistenza sociale dove poco si decide e si attua autonomamente e dove la comunicazione è connivente e quasi mai stravolgente / gli ordini sono precostituiti a svariati livelli e ci trovano per lo più sottomessi o – peggio – convinti di non esserlo, indifferenti allo sforzo sociale, pusillanimi e soprattutto mentalmente impigriti / ma siamo bravi a tenere in ordine il fisico e l’arredamento, abili spesso anche a parlare, con parole che lasciano tutto così com’è / (in questo scenario ci sono senz’altro le debite eccezioni ma diciamolo, rappresentano una sparuta minoranza)

arrediamo, conversiamo, impariamo diligentemente a memoria … però quanto bravi siamo a partecipare? / ieri, dopo il tradizionale discorso del sindaco durante le commemorazioni, parlavo con un’amica sindacalista che ha giustamente sottolineato come honsell avesse tralasciato un aspetto cruciale, quello appunto della partecipazione /
li vedo i ragazzi chini sul loro cellulare, anche quando sono in gruppo, osservo i pargoli di una cara amica che nonostante le conversazioni domestiche (e l’impeccabile positiva educazione ricevuta) sogguardano continuamente lo schermo distratti dal richiamo magnetico dell’inesistente / non c’è charme o fascino personale che tenga in queste condizioni, e non c’è impegno sociale che li sfiori realmente / la loro socialità si consuma di fatto attraverso un atto mediatico o piacevolmente mondano, e sono ingenuamente quanto ottusamente convinti che quello sia il modo giusto per cambiare il mondo / la loro giovane coscienza gli dice che basta, che sono in pace, che hanno partecipato a sufficienza (e ci sarebbe tanto da dire sul concetto di sufficiente) /

il fatto di viaggiare con i mezzi pubblici, ormai destinati quasi esclusivamente a minorenni, anziani e nuovi proletari (per lo più immigrati), permette di cogliere aspetti peculiari di tali categorie / in particolare i nuovi poveri, quelli non così poveri da potersi permettere di viaggiare su un mezzo pubblico, rimangono trasparenti per le nuove generazioni / sono gli invisibili, spariscono dietro al margine del cellulare o del tablet che i ragazzetti depongono a malapena durante la doccia /

parrebbe, vista così, che vi sia una tendenza generalizzata a muoversi in una direzione commerciale – che domina, definisce ed organizza il nostro tempo / la gran parte di quello che piace, che ci piace, ruota intorno al denaro / e sono davvero pochi gli spazi che questi ragazzi si ritagliano in autonomia / è minima la loro capacità di osservare e percepire quello che accade al di là del confine rassicurante di tutte le attività e gli oggetti che il denaro gli permette di comprare / persino i libri li lasciano eguali, non li cambiano, forse perché assimilati con le stesse modalità dei social: tutto è streaming, scorre, si può reperire con facilità e – soprattutto – si può sostituire senza traumi / tiqqun probabilmente direbbe che questo vale anche per le relazioni sentimentali

a proposito: si può sostituire anche la festa del primo maggio con quella dei fiori, per esempio, come avviene già da anni nel mio paese di provenienza, per mano di un sindaco fascista / vediamo se adesso che abbiamo un nuovo sindaco, democratico, di un partito che ormai da troppo tempo si definisce ipocritamente di sinistra, le cose torneranno al loro posto, e il primo maggio sarà di nuovo, anche a tolmezzo, la festa dei lavoratori /

NOTA CONCLUSIVA
gliel’abbiamo preparata e servita noi, questa situazione, questo mondo per cui forse la mia generazione non ha lottato a sufficienza, a differenza dei predecessori e dei padri, resistenti e costituenti / lo penso con imbarazzo colpevole e con disagio, ricordando i pochi meravigliosi strumenti che avevamo a disposizione trent’anni fa, noi stregati dalla bellezza e illusi che tutto sarebbe stato così per sempre, anche il 25 aprile e la festa dei lavoratori / fagocitati dal progresso e dal business, ora più che mai siamo parte in causa  / mi domando se ci sarà tempo, per trasmettere alle giovani generazioni quello che abbiamo visto e capito, quello che loro non sanno fare ma che forse dovrebbero imparare, e praticare con la determinazione che a noi è mancata