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sono stata a venezia per vedere manet, frettolosamente proprio il giorno della chiusura, e ne ho approfittato per visitare anche un’altra bella mostra allestita al fortuny, dedicata ad antoni tàpies
[ per la biennale c’è ancora un po’ di tempo, speriamo, il padiglione di ai weiwei alla giudecca chiude già il 15 ]

avevo deciso di pubblicare qualche foto in bianco e nero ad alto contrasto, ma l’atmosfera era  pulviscolare e rarefatta, e una luce giallognola velava così metafisicamente il mezzogiorno, che ho cambiato idea
è questa città semideserta e sospesa che ricordo, e i luoghi a me tanto cari, anch’essi distanti, spesso sepolti da un presente estraneo

 

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avere una missione buona, anche piccola, è ciò che dà luce all’uomo
provoca il riverbero della sua intelligenza
la bellezza oltre la pelle, oltre l’esubero del tempo che incide il fisico

ho così tanto ancora da imparare – come se fossi (e sono!) – minuscola …



.

ps
la pastasciutta – squisita! – l’ha preparata giacomo



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negli anni ho imparato a distaccarmente, a vivere lontana
—————–(e non è stato certo facile)
eppure la familiarità non decade
anche se dimentico il nome di qualche campo o confondo le scorciatoie

da queste foto sarà forse irriconoscibile, non importa

è stata una giornata speciale
non intendo usare superlativi – sono stanca di chi li usa indiscriminatamente
supelativi come una sequela di aperitivi e ninnoli fastidiosi
—————–nella vita l’unico supelativo reale è il dolore

+
il libro su mahler di ugo duse (1973), ormai fuori stampa – erano anni che lo cercavo
naturalmente alla toletta



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