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più di una volta sul blog mi sono soffermata su quella frase di michel de montaigne con cui sancisce la sua distanza da qualsiasi atteggiamento di compiacenza, trovando più adatte alla formazione del carattere e delle idee le opinioni ruvide e contrastanti dei detrattori
questo pensando a come mi sforzi nelle poche righe e nelle immagini che ultimamente pubblico di evitare ogni forma di frettolosità e di approssimazione, scegliendo le frasi o le fotografie che trovano una corrispondenza con ciò che sento ed osservo e trovando a volte nelle risposte qualcosa che va a disperdere tale sforzo, o mi lascia perplessa per la capacità di chiudere tutto in un complimento o dentro parole scollegate, in virtù forse di un entusiasmo compiaciuto o compiacente che porta il discorso su un piano irreale e privo di sbocco
amo i cioccolatini e in buona misura detesto i complimenti
le parole non sono cioccolatini e forse in questa sede non dovrebbero nemmeno trasformarsi in complimenti, perché vi sono contesti che vorrebbero implicare una responsabilità diversa e più profonda nell’impiego del flusso verbale, ambiti essenzialmente formati e sostenuti dalle parole, in cui lo scambio avviene solo in questo modo – pur se al momento mi accorga di come sia più facile e comune utilizzarle sempre e comunque in fretta o sorvolando sul loro valore di senso, sulle evocazioni possibili, soprattutto sulle proporzioni tra quelle stesse parole e ciò cui sono riferite
mi viene in mente come sia comune utilizzare complimenti di cortesia, o frasi di cricostanza o concetti impropri per riempire una conversazione e per gratificare l’interlocutore – tanto subito dopo andiamo altrove e la conversazione si può dimenticare, le parole dette si possono escludere dalla propria vita, annullare in un passato accessorio e mondano, un riempitivo di tempi interstiziali privi di ruolo
ma io che vivo di poco, penso che le parole possiedano una densità che non vada rimossa, una ricchezza che sia da ascoltare – e credo nel loro senso anche quando ad esprimerlo è la cassiera al supermercato – penso sempre che vi sia qualcosa da capire, qualcosa da salvare o da estrarre, anche solo al fine di formulare un ritratto più definito di chi le ha pronunciate
è curioso come le parole di de montaigne fossero tratte da un libro sull’amicizia e che il commento/parola che ha messo in moto questi ragionamenti sia stato scritto proprio dalla persona che me lo regalò molti anni fa – e se fossi una scrittrice capace questo post saprebbe coniugare molte sfumature del pensiero in merito a quanto un’amicizia provi a sopravvivere surreale e conchiusa in una manciata di parole all’anno scritte su un blog, dando per buono tutto il resto, in un atto di fede prezioso quanto irrilevante nel meccanismo quotidiano, quando invece siamo alle prese con altra sorta di fiori e spine ben più capaci di pungere e deliziare – ma in questo momento non sono interessata a disquisire sulle archeologie affettive quanto piuttosto mi interessano i meccanismi che si annidano dietro la scelta di una parola, e ne evidenziano prerogative capaci di scolorare qualsiasi rapporto con l’oggetto di riferimento
il mio lavoro grafico è sobrio, minuscolo, composto da oggetti piuttosto monotoni e severi, la cui debolezza nel grande mare della creatività è compensata da un senso della misura e da una vaga forma di coerenza che li rendono abbastanza personali, difficilmente attribuibili ad altri – ma oltre questo perimetro di riconoscibilità faticosamente perseguito dalla sottoscritta non trovo e di fatto non vi sono relazioni nemmeno apparenti con qualsiasi forma di sublime o con la terribilità di cui sono intrise molte vicende quotidiane – non vi è nemmeno forza sufficiente, dal momento che io stessa non sono una persona forte ma anzi sostanzialmente intenta a trasportare il carico delle mie debolezze da un cantone all’altro
per cui, quando ieri ho letto la parola potente, mi sono sentita come di fronte a certe persone che mi dicono che sono ben pettinata quando sanno che mi taglio i capelli da sola e che non li pettino assolutamente mai, lasciandoli al loro destino generalmente sancito dalla qualità del sonno notturno, mi sono sentita di fronte a un obeso definito magro, a un’inversione incomprensibile del senso, appoggiata per misteriose ragioni a sancire qualcosa che non ri-conosco pur trovando familiare il meccanismo che si ripete nel tempo senza variazioni
allora, per chiudere questo post che in realtà vuole essere dedicato essenzialmente alla responsabilità ed al valore delle parole che utilizziamo, sottolineando come vi sia un’ulteriore cesura tra il mondo delle parole scritte (anche qui in rete) e quello delle parole pronunciate, ho pensato di pubblicare una serie di immagini che a mio parere sono espressione di potenza, in modo da rendere visibile a chi legge quanto distante sia il mio piccolo lavoro da tutto questo e quanto mi sia sembrato ancora più minuscolo dopo quel commento
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4 Comments
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anna says:
11 novembre 2012 alle 15:23 /
anche di fronte a queste immagini io ribadisco il’potente’ attribuito alla tua. mi sono sentita colpita, percossa, come se quei lividi fossero andati a segno su di me. una parola – una – scelta per sintetizzare l’immediatezza e la forza del tuo ultimo lavoro. non sempre i tuoi lavori hanno questo impatto su di me. raramente l’impatto è così chiaro e percettibile e definibile. questa volta sì.
tracciamenti says:
11 novembre 2012 alle 16:53 /
posso capire le tue sensazioni, soprattutto sapendo che hai dei figli e quindi una sensibilità accresciuta in merito all’evocazione suscitata dall’immagine – ugualmente penso che la parola potenza/potente possieda una valenza che trascende la dimensione individuale, qualcosa che colpisce e percuote tanti, insindacabile e quasi universale, proprio come il giudizio di michelangelo
e continuo a collocare i miei lavori, il mio presunto talento, su un gradino diverso – che non ha mai avuto a che fare con la potenza (anche in virtù dei suoi presupposti, non essendoci epica), pur se capace di evocare in alcuni sensazioni profonde o suggestioni intense
un saluto e grazie per la replica sollecita
Franco says:
14 novembre 2012 alle 02:26 /
Seguendo Roberto R., in un modo o nell’altro, si fanno sempre incontri interessanti che meriterebbero di essere approfonditi.La casualità porta spesso a scoperte sconcertanti.Ciao Traccia…ho letto con molta attenzione le tue parole.
tracciamenti says:
14 novembre 2012 alle 07:40 /
grazie franco
benvenuto sul blog