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fermate – tra un autobus e il successivo

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dentro l’autobus,  passo da una luce a un’altra

(per dono tuo io passo dalla luce alla luce
per mia volontà passo dalla tua luce ad un’altra –
più calma)

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(altro…)

1

intende che innamorarsi è (stato) un atto definitivo

2

così stanca da non voler guardare –
in fondo le fotografie sono una faccenda conclusa
attengono ad una giornata tonda e tiepida che riposa alle sue spalle

non è abituata a simili boccate di vita sociale, a tanti saluti e strette di mano, con tutte quelle bandiere che si agitano senza posa davanti agli occhi / torna a casa senza forze, stordita dal rigoglio delle bandiere, dalla marcia lenta, dal pranzo speciale consumato in compagnia di amici in un appartamento spazioso e pieno di luce
(quel vin santo così gentile uscito dalle mani sapienti di un compagno ormai morto scivola senza offendere)

nonostante il vento feroce le persone riescono a distrarla dal male, a rendere leggero l’esilio

3

nonostante

si accorge che non è nemmeno una questione di quanto o di cosa
si tratta di una mera casualità, di coincidenze
o del fatto che quando non ne puoi più l’amore ti prende per sfinimento

4

rimangono note spaziose
le candele sul tavolo sparpagliate come un filo di luce instabile
tra una nota e l’altra si insinua la nostalgia

5*

subentra lo svuotamento
l’esubero di voci e facce cui segue improvviso il clima raccolto del suo appartamento, con la musica che suona quieta mentre scrive, provoca un crollo repentino dell’umore, un abbassarsi delle difese che ricorda l’acqua che fugge rapidamente dallo scarico di un lavandino
si sente rovesciata e sgonfia
e si domanda se sia questa la dimensione più autentica della lotta, quando ti confronti con i limiti fisici del tuo sistema, quando il corpo si ri-lascia senza forze e la voce non ha più parole da pronunciare e tutto scorre come un documentario, senza sonoro e privo di riverberi abbaglianti, a una velocità irreale – come se ogni gesto di quella giornata non fosse stato effettivamente vissuto e non avesse davvero inciso un segno nel tempo presente, quasi si trattasse di ricordi che non trovano una corrispondenza nel reale – al pari dei sogni, che in fondo sono memorie di qualcosa che non è mai veramente accaduto

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la ragazza bionda scappa altrove
quel mettere gli altri costantemente sotto un mirino la stanca mortalmente, fiacca e intristisce persino i suoi sentimenti più caparbi …
in effetti non sorride ormai da diverse settimane
e neanche adesso, sta sorridendo

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I

Il fuco, chiamato anche pecchione, è il maschio dell’ape domestica. Nasce da uova non fecondate di ape regina feconda o vergine o dalle uova deposte da api figliatrici. Il suo corpo è grosso e coperto di peli; la ligula è corta per cui non può bottinare, ma solo assorbire il miele dai favi e deve essere nutrito di polline dalle operaie; non possiede pungiglione.
(wikipedia)

II

li guarda passare, osserva i loro cappotti graziosi, e intuisce lo sforzo compiuto per scegliere la pettinatura migliore, o il giusto paio di scarpe / coglie l’impegno elementare e commovente (tragicamente superfluo) per sembrare più gradevoli e attraenti agli occhi del mondo, oltre il perimetro dello sguardo che si specchia
vorrebbe dir loro che è tutto inutile, che le bastano pochi minuti per annoiarsi a morte e cercare l’uscita più vicina

poveri piccoli, pensa – poi si accorge che la disdetta è tutta sua, per via di quel bisogno che va oltre ogni piacevole conversazione, persino oltre la carezza lusinghiera della loro virilità che ammicca tra i discorsi
si annoia, avverte gli interruttori spenti dei suoi occhi e lascia rimbalzare altrove fiumi di parole che inevitabilmente non li accendono – rimpiange il silenzio di una stanza solitaria con un tavolo spazioso, i libri e le matite – rimpiange l’allegria sincera di una cena tra amici

la dimensione dell’incanto è proprozionale a qualcosa che lei contiene ma che non riesce a definire

III

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trovata su fb poco fa

«Ho dimenticato le parole per dirtelo. Le sapevo e le ho dimenticate, e ora ti parlo nell’oblio di quelle parole. Contrariamente a tutte le apparenze non sono una donna che si abbandona corpo e anima all’amore di un solo essere, fosse pure colui che le è più caro al mondo. Sono una persona infedele. Vorrei tanto ricordare le parole che avevo messo da parte per dirti questo. Ma ecco che qualcuna mi torna in mente. Volevo dirti quello che penso, e cioè che bisogna sempre conservare per se stessi, ecco che ritrovo le parole, un posto, una sorta di luogo personale, sì, per esservi soli e per amare. Per amare non si sa cosa, né chi, né come, né per quanto tempo. Per amare, ecco che all’improvviso tutte le parole mi ritornano in mente… per conservare dentro di sé lo spazio di un’attesa, non si sa mai, l’attesa di un amore, di un amore forse ancora senza oggetto, ma di questo e solo di questo, dell’amore. Volevo dirti che eri questa attesa. Sei diventato, tu solo, l’aspetto esteriore della mia vita, quello che io non vedo mai, e resterai così, in questo stato di sconosciuto da me quale sei diventato, fino alla mia morte. Non rispondermi mai. Non conservare alcuna speranza di vedermi, te ne prego. Emily L.»
(Marguerite Duras – Emily L.)

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con lui riusciva quasi a tornare indietro nel tempo ed erano due ragazzi che ascoltavano buona musica in una stanza romantica illuminata da candele, così giovani da non pensare nemmeno a sfondare la pellicola fisica e brillante che appena li separava, innocenti e luminosi, avvolti da una timidezza complice e rassicurante
c’era una forma di profonda e istintiva intelligenza in quei gesti trattenuti che sembravano far sfuggire la ragazza da ogni vicinanza fisica, quasi si sottraesse al desiderio (quello maschile ma anche e soprattutto il suo proprio)
si lasciava osservare da lontano eppure realmente non si negava e la stanza traboccava di vicinanza
sentivano entrambi di possedere la capacità di scivolare sul tempo
anche se durava poco aveva a che fare con l’estasi, certamente

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grazie a francesco