ingrid mi ha spedito delle bellissime cose  da londra / i. sent me some special pieces from london

thankyou!

:)

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poche ore – in visita breve /  …quella nell’ultima foto è la zia

+ un delizioso video di beck con una versione slow di sexy laws :-)

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(ha cominciato a scrivere i suoi diari in terza persona)

stanca degli oggetti, di collezionarli nella memoria
come se il mondo fosse un grande museo di cose graziose
e non un mappamondo politico ancora sconosciuto /
la responsabilità di intendere il dolore dell’uomo
la supera sempre di una minima distanza – è un miraggio penoso

qualcuno suona – vive la dimensione complessa della strada
trovando nell’anarchia una risposta che lei reputa semplificatoria
perché sente il richiamo controverso delle regole complesse
il verso umano e sofferente dei grandi numeri
delle smisurate uguaglianze che le gonfiano il cuore

ancora immagini dal fine settimana

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i cromatismi diventano in tal modo piuttosto variegati, persino stravaganti /
difficile stabilire se la schiavitù principale sia quella del dolore-colore oppure siano le righe, a creare dipendenza

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1 – quest’estate l’anello a righe bianche e rosse è il mio preferito
2 – set di bicchieri comperati in saldo da zara home
3 – daniel buren / peinture - manifestation 3 – 1967

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è stato un fine settimana di pioggia e sole alterni e imprevedibili
dormito moltissimo e taciuto e scritto – mal di testa e pasti frugali

ho anche  disegnato grandi zanzare per una mostra futura …

da questo libro (recensito su alias della scrosa settimana) una visione del sud stranamente collimante con alcuni ricordi che mi hanno seguita fino a casa

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parole: giorgio vasta

son tornata ormai da così tanti giorni che il viaggio si è quasi annullato nella monotonia domestica di queste giornate agostane – nuvolose, malferme, improduttive / ma non mi dimentico delle pietre – di scrivere della leccese, del tufo, di calcari millenari che sembrano un legno smussato e svuotato dai tarli /

la pietra salentina è dolce, in particolare quella leccese si lascia s-formare da ogni tocco e da ogni soffio, dalle carezze dei fedeli nelle chiese, dall’acqua, dal vento – persino la luce ne altera progressivamente le superfici e il tono …

nella consolidazione assume una tonalità di colore ambrato simile a quella del miele (wiki) e così, girando per le strade di lecce sotto al sole, gli occhi si riempiono d’oro, di chiaro, di giallo paglierino, di una luce abbagliante e quasi gonfia di se stessa, dalla monotona assolutezza, ma pur elegante e impreziosita dai ricami dei balconi in ferro e da certi barbacani rifiniti come merletti grazie alla docilità delle polveri sottili di cui è formata la massa calcarea /
il paesaggio si fa metafisico e prezioso – quasi ti soffoca nella sua splendente coerenza monocromatica

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ma anche l’estetica del non finito trova in questa pietra il suo alleato finale, la chiave che ne definisce in modo perentorio l’ineluttabilità / non tutto si costruisce in pietra leccese, le cave salentine sono ricche di tufi calcarei quasi altrettanto docili anche se spesso dalla grana meno fine – sono pietre che non sopportano impassibili il passaggio delle stagioni, permettendo alle meteorologie di scrivere il loro transito sulla superficie della materia / i muri diventano calendari, raccontano l’età degli edifici, le sostituzioni, le tappe

questa stratificazione amplifica la vibratilità precaria del paesaggio, ne evidenzia gli stadi di caducità – alla base dei muri si conservano persino i minimi detriti, nulla si spreca, tutto si recupera, ma all’interno di un sistema estetico privo di una definizione, di una teoria /

è una costruzione che imita le macerie, inconsapevolmente

i tufi invecchiano velocemente, si liberano presto della loro patina dorata per farsi grigi, ed ospitare muffe nerastre che proliferano con il lavaggio dell’acqua piovana / questa pigmentazione che ricorda una qualche sorta di affumicatura rende il materiale particolarmente vivo, potrebbe diventare persino una speciale forma di ornamento superficiale – in un simile contesto invece finisce per accentuare inevitabilmente il lato tragico del deperimento, èd è la vecchiezza misera dei muri, non quella archeologica e preziosa, bensì quella più ordinaria e dismessa del quotidiano, che troppo assomiglia all’incuria per poter esser considerata in termini valorizzativi

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la pietra smangiata dal clima è fragile, friabile – mi è capitato di prendere tra le dita quelle rimanenze tondeggianti che sopravvivono al vuoto dell’erosione e di scoprirne la delicata inconsistenza, trovandomi in mano senza sforzo frammenti di muro, docili e inermi / non è un deperimento omogeneo, e le strutture sono costellate da un ricamo irregolare, difficilmente prevedibile, che infonde loro una vitalità particolare / alcuni conci sembrano sciolti, altri scavati meticolosamente, altri sopravvivono impassibili e intonsi – lo stesso accade in parte alla patinatura nerastra che non attacca le pietre in modo assoluto, ma che provoca una perdita inevitabile dei toni caldi, facendo somigliare il materiale a una leca millenaria o ad un cemento

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