[cronache da una città poco ospitale]



conosco le zone aperte di questa città, le sue strade, le piazze, molte estensioni dello spazio urbano ai piani terra per la necessità quotidiana di entrare nei negozi / rare volte mi addentro nei palazzi per accedere ad uffici posti a piani più alti, oppure è capitato in certe scuole, in biblioteca od al cinema /
ma non conosco che marginalmente la città residenziale ed i suoi spazi privati, nonostante viva qui da circa otto anni / gli udinesi si tengono stretta la privacy, non aprono i loro manieri con facilità e naturalezza / è una società urbana di provincia, cortese quanto stitica, che non ama mescolarsi /

pensando a venezia per esempio, posso dire di aver salito molte scale e visitato moltissimi appartamenti, di conoscere le calli ma anche le cucine e i salotti della città, le sue tende, la vista sullo spazio esterno che si ottiene sbirciando dalle diverse finestre / in tal modo la città vissuta sviluppa un negativo e un positivo spaziale, la sua volumetria si fa più completa e complessa / se invece dovessi realizzare un calco degli spazi che vivo adesso, sarebbe un calco di spazi aperti e piani terra, un calco che include centri commerciali e stazioni – ma senza scale di condominio o significativi sviluppi nel privato / risulta di fatto un calco muto, a temperatura ambiente / privo di memorie individuali condivise, si ferma all’imbocco dei pianerottoli residenziali

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nel corso degli anni varie riviste od altre iniziative editoriali italiane mi hanno contattata per chiedermi di pubblicare i miei lavori, o di utilizzarli in svariati modi all’interno di qualche pubblicazione / nessuno di loro si è mai posto la questione del pagamento: ti mandiamo qualche copia, dicevano al massimo, oppure nemmeno sollevavano la questione /
all’inizio accettavo perché mi sembrava lusinghiero il fatto che l’editoria si interessasse di quanto avevo realizzato, inoltre veder stampate le proprie cose è (quasi) sempre una soddisfazione / a un certo punto però, grazie alla diffusione transnazionale operata dalla rete, hanno comiciato a contattarmi anche società straniere, ed allora mi sono resa conto che quando le case editrici degli altri paesi richiedono qualcosa di tuo (non parliamo di editoria indipendente a budget zero o di webzine senza introiti pubblicitari), viene sempre offerto un corrispettivo in termini finanziari / si tratta di una considerazione diversa del lavoro creativo e della fatica spesa nella realizzazione delle opere, che qui da noi non trova la giusta considerazione (contando soprattutto sul fatto che, visti i tempi, se tu non vuoi darmi qualcosa da pubblicare gratis trovo qualcun altro che lo fa, pur di veder stampare il suo lavoro e poterlo inserire in un curriculum) / lo stesso vale per altre opere di ingegno, per la scrittura, ad esempio, o per la musica; come se il tempo che uno dedica a realizzare un articolo od a scrivere e suonare le proprie canzoni fosse ininfluente / è vero che molte iniziative culturali non ricevono sufficienti fondi ma in italia la scarsità di mezzi e la mancanza di etica nei confronti del lavoro creativo (e non solo di quello) non sono necessariamente due fenomeni correlati, e la giusta retribuzione di un lavoro non viene quasi mai considerata come un dovere morale da parte del cliente o di chi commissiona una qualsiasi opera /
ma la verità è che sono io a dover decidere se e quando lavorare gratis, e non me lo devono imporre o chiedere gli altri! e coloro che accettano per debolezza, senza pretendere quanto gli spetta, non fanno altro che screditare le diverse categorie preofessionali, facendo sì che sempre più committenti si sentano autorizzati a una svalutazione finanziaria del lavoro altrui, legittimando tariffe infime o persino le prestazioni gratuite /
svegliatevi italiani, è ora di pretendere di abitare un paese civile!

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ultimamente scrivo poco
nel frattempo disegno e cerco una macchina usata

questa estate non ha regalato grandi giornate
nessun viaggio – il tè rimane l’unico lusso che mi concedo
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ogni tanto qualche frase scappa fuori da certi libri – e mi insegue
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quando moltissimi su facebook piangevano sonoramente la morte di amy winehouse mi sono pronunciata con perplesso distacco nei confronti di quel piagnisteo generale ricevendo in risposta una serie di frecciate e rimproveri, tra cui appunto quello di atteggiarmi a un’anticonvenzionalità di facciata solo per distinguermi dal flusso di anime in finto cordoglio che intasava i social network 

dopo qualche giorno ho trovato questi pochi versi di emily dickinson che mi sono venuti in soccorso / spiegano (assai meglio di quanto mai avrei saputo fare personalmente) l’origine e le ragioni di quel distacco da una morte sentimentalmente ed esteticamente non condivisa

 

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provare lutto per la morte di persone
che non abbiamo mai visto –
implica una parentela vitale
fra l’anima loro – e la nostra -

 

 




mi piacciono i colori dei borlotti






paintings : giovanna garzoni