è questo tempo che non concede respiro all’architettura
o sono gli architetti a non avere più coraggio di essere tali?
.il post continua dopo le foto…

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fernand pouillon: climat de france – algeri / 1954-57  altre foto qui

ho scritto le due frasi di apertura a caldo, vergandole sulla terza di copertina mentre facevo la fila in ospedale, ma vorrei aggiungere alcune altre riflessioni, brevemente, circa l’incipit del libro di franco la cecla e le sue considerazioni sul lavoro dell’architetto
prendendo pamuk ad esempio, l’antropologo descrive il suo distacco dalla professione incriminata (un tema che mi riguarda da vicino, vista la mia laurea a pieni voti messa nel cassetto e mai più recuperata)
purtroppo, sia che siamo architetti in carriera o renitenti, ci hanno istruiti a suon di corsi di onnipotenza e dunque pensiamo che la formazione acquisita ponga automaticamente sulle nostre spalle tutte le responsabilità del mondo (mio padre affermava che quella dell’architetto era la professione più importante di tutte, senza dubbio più dei dottori o dei grandi artisti) / questa onnipotenza si rivela quotidianamente nell’indole tuttologica che ci autorizza a rivendicare competenze a 360 gradi, spesso compiendo disastri ben al di là del nostro perimetro professionale /
persino l’antropologo più critico e reticente trattiene su di sé inconsapevolmente la tendenza a considerare quella architettonica una volontà conformante e risolutiva, tautologica, senza accorgersi che esistono innumerevoli declinazioni possibili, senza tener conto di esperienze che attestano la qualità primaria dell’architettura, quella di poter avviare attraverso lo spazio costruito un processo di crescita sociale e di partecipazione attiva / in tale processo l’architettura costituisce la nota iniziale che viene poi superata e incamerata nell’insediamento (prendete per esempio il progetto di fernand pouillon pubblicato sopra, o quello di alvaro siza a evora)
architettura non significa necessariamente imposizione – per fortuna ci sono ancora persone che credono di poter realizzare progetti con e per la gente, senza intendere la disciplina come uno strumento di mera autoaffermazione / in un paese civile ed evoluto il preciso intento politico delle amministrazioni allora dovrebbe essere quello di salvaguardare e promuovere gli interventi capaci di trasformare lo spazio urbano rendendolo riconoscibile, appropriabile e personalizzabile, così come alcuni progetti hanno saputo di-mostrare / in tale ottica decade la concezione del bello cui aspirano la maggioranza dei governanti, il lustro provinciale di edifici patinati e pacchiani, privi di contestualizzazione, e si fa strada l’ipotesi di progetti capaci di rappresentare un punto di partenza, un trampolino, spesso rinunciando a una finitezza o ad un’autonomia formale che il più delle volte si rivelebbe deleteria
cerchiamo allora di non sparare a zero sugli architetti, impariamo piuttosto a distinguere chi fa bene il suo mestiere da chi cerca solo un pretesto di autoaffermazione
(vediamo un po’ come continua il libro…).

franco la cecla – contro l’architettura
bollati borighieri
ISBN-13: 9788833918792